Regia di Alex Infascelli vedi scheda film
Giovanni, imprenditore di mezza età, e sua moglie Lucia si trovano quotidianamente a scontrarsi con il figlio adolescente Matteo. Finchè un giorno questi sparisce nel nulla. Indagando, Giovanni scopre una fosca trama di satanismo che coinvolge anche altri ragazzi scomparsi.
Per essere un film realizzato per la televisione, Nel nome del male risulta senza dubbio ben confezionato e dotato di un’estetica e di una narrazione assolutamente cinematografiche al cento per cento; si tratta d’altronde di una produzione Sky, marchio che in questi anni garantisce standard qualitativi di un certo livello (cosa che non sempre fanno Rai e Mediaset, ma generalizzare sarebbe inutile qui). Alex Infascelli si ritrova perfettamente a suo agio con questo piccolo congegno thriller suddiviso in due parti, per una durata complessiva di circa due ore e mezza; anche la scelta del protagonista è azzeccata e Fabrizio Bentivoglio convince nei panni dell’impassibile, scettico uomo del nordest pian piano trascinato in una spirale di odio, violenza, sangue, black metal e satanismo. Nel cast compaiono anche Michela Cescon, Vitaliano Trevisan e Alessandra Agosti; il soggetto è di Paola Barbato, che ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Salvatore De Mola. La tensione non è sempre uniforme, ma rimane comunque a livelli accettabili senza subire evidenti cali; qualche approssimazione nella costruzione psicologica, soprattutto degli adolescenti, è perdonabile. Il successivo lungometraggio a soggetto di Infascelli arriverà solamente otto anni più tardi: Piccoli crimini coniugali (2017), girato per il grande schermo. 4/10.
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