Regia di George A. Romero vedi scheda film
Lavorando per trasmettere la crescente autosuggestione, Romero si dilunga in scene dialogate, inframezzando con altre oniriche e caotiche, oppure utilizzando le attrazioni visive per rendere la crisi.
Ci sono film che andrebbero recuperati: anche se non dicono molto dell'opera complessiva dell'autore, rappresentano esperimenti, tentativi di mettere su pellicola la propria idea con nuova arte. George A. Romero da sempre si occupa della società. Ne dipinge il conflitto generazionale e dialettico, a partire da una goccia che fa traboccare il vaso. Romero è interessato a mettere l'umanità in trincea, motivata da inestinguibili divisioni. Ne La stagione della strega non fa eccezione, ma fa eccezione il suo stile visivo. Il tema è l'elaborazione borghese della crisi di mezza età: la protagonista vive la presenza della figlia come un oltraggio alla sua età, e tenta di rivivere un tempo andato concendendosi frivolezze libertarie. Una di queste prende piede e cattura l'anima di Joan, imprigionata, come mostra la lunga sequenza surreale dell'inizio, in un mondo preordinato e insipido. Lavorando per trasmettere la crescente autosuggestione, Romero si dilunga in scene dialogate, inframezzando con altre oniriche e caotiche, oppure utilizzando le attrazioni visive per rendere la crisi, attraverso l'arredamento, l'abbigliamento, elementi conturbanti (il gatto che entra in casa durante il rito di evocazione). Nella sequenza in parallelo, finale, il cinema riesce a suggerire la forza dell'iniziazione, distruggendo qualsiasi possibilità di accostare il dramma borghese alla linearità e alla semplicità narrativa.
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