Regia di Elisa Amoruso vedi scheda film
Chiara Ferragni è una figlia di papà che - come i faraoni 2.0 che prosperano sulle spalle di masse acefale e sfruttate - ha fatto un'incommensurabile fortuna improvvisandosi come fashion blogger. E già questo dovrebbe dire abbastanza sulla condizione da basso impero nella quale versa ormai quella parte opulenta del pianeta che non deve preoccuparsi di mettere insieme il pranzo con la cena. Classe 1987, la plutarca cremonese - una sorta di Paris Hilton (sua sodale) con intollerabile e spiccatissimo accento lombardo e studi all'estero da rampolla di famiglia benestante - cominciò a dare la scalata al mondo della moda a poco più di vent'anni, nel 2009, giocando sulla forza delle immagini attraverso un blog chiamato The Blonde Salad: si tratta della rappresentazione di un mondo che le corrisponde perfettamente, nel quale tutto è orpello, esibizione, trucco, costruzione. Il personaggio Chiara Ferragni è questo: integralmente falsa, artificiosa, posticcia, egolalica, disposta a fare merce anche del figlio Leone - avuto con quell'altro intellettuale di grosso calibro che è il rapper Fedez - e megalomane. È solo di lei che si può parlare, poiché il film non esiste: è un mega-spot (va detto: su commissione, il che abbassa drasticamente il tasso di credibilità di una regista, Elisa Amoruso, che in occasione di altri documentari come Fuoristrada e Strane straniere aveva dato prova di ben altre capacità) nel quale conta soltanto lo scintillante mondo dell'alta moda, dei ricchi, degli influencer, e dove si dà voce solo ai followers (la Ferragni ne ha 17 milioni, il che dice già molto sull'urgenza dell'estinzione della specie umana) e a chi ne traccia l'agiografia. Film ributtante, ma necessario per capire dove siamo andati a finire e quanto sia diventato facile spacciare falsità come cioccolatini con la promessa che "chiunque ce la può fare", diffondendo soltanto la droga dell'illusione.
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