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Decisione al tramonto

Regia di Budd Boetticher vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Decisione al tramonto

di Dany9007
8 stelle

L’accoppiata Scott-Boetticher ha in qualche modo trovato quell’affinità per il ciclo di Serie B che nel campionato di Serie A era aveva trovato il duo Wayne-Ford o quello Stewart-Mann. Intendiamoci, con western di Serie B non si vogliono etichettare dei film realizzati in modo pessimo, quanto legati a dei limiti produttivi che chiaramente hanno limitato la presenza di scene sfarzose o star strapagate. Come ho avuto modo di ribadire in altre recensioni, persino il padre di Tex (Gianluigi Bonelli) ebbe modo di dire a chiare lettere che preferiva persino i western di Boetticher (e di H. Hawks) a certe più celebrate pellicole del mitico John Ford. In effetti bisogna riconoscere il grande talento di questo regista nell’aver realizzato un ciclo di film davvero essenziali: caratterizzati da una durata che arriva scarsamente agli ’80 minuti, rende i personaggi estremamente incisivi senza perdersi in fronzoli o sottotrame (nel caso di Decisione al tramonto ma anche ne L’albero della vendetta o La valle dei mohicani la [a mio avviso sempre avvilente per il ritmo dei film] love story è davvero ridotta all’osso e le figure femminili sono concretamente funzionali alla vicenda). Ma in Decisione al tramonto il regista struttura una vicenda sostanzialmente anomala: il protagonista, Bart Allison, arriva in un paesino deciso a vendicarsi della persona, il ricco e sbruffone Kimbrough, che ritiene responsabile della morte della moglie (dopo averla sedotta e abbandonata), sebbene non sia nemmeno del tutto sicuro dell’identità della persona. Oltre a questo emerge un grande tema nella vendetta che sta percorrendo il protagonista: anche il suo fidato amico Sam lo avverte che sua moglie non era esattamente un “angelo del focolare” e che altri uomini erano stati da lei accolti durante l’assenza del marito. Scott ritrae quindi un personaggio tormentato, sempre più consapevole (sebbene testardo nel non ammetterlo) di perorare una causa con molte lacune, sulla quale lo avverte persino l’amico fraterno che in un certo senso si sacrifica, non volendolo abbandonare nemmeno dopo un alterco in cui Bart lo scaccia. Anche il finale ha un effetto tutto sommato anomalo: il duello che tutti si aspettano ha un epilogo anomalo, già il fatto che il protagonista si presenti, con una mano che si è accidentalmente ferito (quindi neanche riportando una ferita dovuta ad un avversario) è uno strappo ai canoni del genere, così come il duello con il nemico che viene interrotto da una donna, la quale dunque impedisce l’uccisione dell’odiato antagonista. La storia si conclude con un protagonista che si allontana amareggiato dalla meschinità di chi lo circonda (l’uccisione alle spalle dell’amico di fronte all’inerzia dei cittadini) e anche da sé stesso. In parallelo la città gli è grata perchè grazie al suo intervento è crollato l’impero che Kimbrough aveva costruito. Dunque un film che a mio avviso, sebbene (giustamente) non sia entrato nel firmamento dei capolavori ha il merito di una letture molto personale e antieroica nell’esposizione della vicenda.

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