Regia di Gianni Aureli vedi scheda film
Storia di resistenza non armata al regime fascista, Aquile randagie di Gianni Aureli racconta le vite dei componenti di un gruppo scout dal 1928, anno in cui Mussolini inglobò l'ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana) all'interno dell'Opera Nazionale Balilla, al 1945. La pellicola ha il suo maggior problema nell'estrema sintesi, diciassette anni ripercorsi in volata, come le panoramiche su drone di cui il regista abusa, così che il film riveli una struttura troppo episodica e frammentata.
D'altra parte, il peso di mettere in scena una storia vera poco conosciuta ed estremamente importante per la nostra collettività gioca a favore del film, che offre uno spettacolo piacevole, nonostante alcuni difetti tecnici dovuti anche al budget irrisorio. Le musiche di Mirko Fabbreschi e Manfred Giampietro sono buone, così come le interpretazioni dei tre protagonisti (al contrario di qualche personaggio secondario), mentre la ricostruzione storica appare leggermente artefatta in alcuni punti, non sempre aiutata da una fotografia altalenante, capace di illuminare alcuni interni in stile quasi caravaggesco per poi cadere in un'estetica da fiction. Alcune ingenuità di scrittura, come le reiterate gag atte a smorzare la carica drammatica dell'opera, non sono degne di un prodotto comunque dignitoso, educativo e godibile.
La visione di Aquile randagie lascia allo spettatore le buone sensazioni derivate dalla celebrazione del coraggio e della non violenza, mentre il buon cinefilo non potrà non apprezzare questa forma di cinema artigianale, fatta col cuore, pur bacchettando mentalmente il giovane autore, che poteva osare sicuramente di più.
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