Regia di Cuyle Carvin vedi scheda film
Alcune bambole utilizzate per compiere esorcismi tormentano le notti di una giovane adolescente, in crisi per il divorzio dei genitori. Più drammatico che horror, Dolls punta a sfruttare un clima di psicologica incertezza dovuta ad una critica situazione familiare.
Robert (Thomas Downey), un autore di libri per bambini, assieme alla ribelle figlia adolescente Sammey (Trinity Simpson) si trasferisce nella casa ereditata dalla madre Edna (Melinda DeKay), scoprendo in soffitto alcune bambole. Tommy, Matthew e Chia: sono i nomi dati dal protagonista ai tre pupazzi, che scopriamo essere frutto di una donazione di un gruppo di suore in missione nell'America Latina per supportare le piccole vittime di carestia e genocidio. Sono artefatti inquietanti e dal trascorso sinistro, utilizzati per assorbire spiriti e demoni dal corpo dei posseduti.
Dopo aver diretto alcuni episodi della serie televisiva Dark corners horror antology, Cuyle Carvin decide di tentare la via del lungometraggio. Sceglie un tema ormai abusato, quello dei pupazzi assassini, recentemente riportato sulla scena cinematografica dal ciclo Annabelle. Eppure, nonostante le premesse e l'uso di un titolo che potrebbe far pensare ad un remake (Dolls, 1987), il regista può contate su una valida sceneggiatura, per nulla derivativa, opera dei fratelli Hawkins (Justin e Josh). Qui infatti il tema delle bambole passa in secondo piano essendo invece in rilievo l'aspetto drammatico, scatenato dalle conseguenze di un divorzio. Con accento sulla personale tragedia che si vede costretta a subire la figlia diciassettenne. Crisi psicologiche, primi istinti sessuali (l'attrazione verso il giardiniere James, interpretato da Bret Green) e un contrasto acceso con la madre: sono gli elementi che inducono Sammey in uno stato di inevitabile incertezza, lasciata progredire evitando di assumere i farmaci antidepressivi prescritti.
In un contesto così minato, la presenza delle "attic dolls" può solo contribuire a rendere ancor più ambigua la situazione, che rimane sempre in bilico tra illusione e paranormale. Carvin procede nel racconto con una regia lineare, potendo contare sul valido gruppo di attori e su una fotografia decisamente curata. E alla fine questa idea risulta vincente: nonostante i malefici pupazzi non si vedano mai agire (pressoché nulli in questo senso gli effetti speciali), restando sempre immobili per poi invece mutare posizione quando non visti, Dolls riesce dunque a insinuare una buona dose di disagio e angoscia, finendo per essere molto più interessante dei suoi predecessori e, probabilmente, anche degli inevitabili successori.
"Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato? Domandò il bambino a sua madre. Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose: tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio, tu eri il Suo desiderio. Tu eri nelle bambole della mia infanzia, in tutte le mie speranze, in tutti i miei amori, nella mia vita, nella vita di mia madre, tu hai vissuto." (Rabindrabath Tagore)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta