Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Age, Scarpelli e Monicelli: i crediti di sceneggiatura sono questi, eppure di commedia non c'è davvero nulla ne I compagni. Certo, oggi questa non è in alcun modo una sorpresa, ma nel 1963 lo fu e non poco. Mario Monicelli veniva infatti dai film con Totò e da quei capolavori della nascente commedia all'italiana che erano stati I soliti ignoti (1958) e La grande guerra (1959), oltre che dalle Risate di gioia (1960) che vedevano in scena insieme Anna Magnani e il Principe De Curtis; la svolta drammatica e politica non venne accolta granché favorevolmente dal pubblico, ma I compagni riuscì comunque a ottenere una nomination agli Oscar e proprio per la sceneggiatura. A rivederlo oggi questo film non sembra appartenere a quel periodo del nostro cinema, in genere causticamente spensierato (appunto: erano gli anni della commedia all'italiana), non sembra appartenere proprio al nostro cinema: I compagni sembra un film straniero per la rigida fattura avulsa dalle musiche (eppure la minimale colonna sonora reca la firma di Carlo Rustichelli), dall'andamento narrativo in crescendo e aggrappata a un angosciante bianco e nero (Giuseppe Rotunno, e si è detto tutto) che rende ancora più impersonali e claustrofobici i non luoghi della fabbrica, dove la massa prende il posto delle persone e l'identità viene schiacciata dal potere di chi detiene i mezzi di produzione. La pellicola è un sottile trattato sociopolitico che contrappone capitalismo e socialismo, ricca borghesia e popolo miserabile; traspare in sostanza una visione pessimistica dell'essere umano, descritto come una creatura realmente incapace di prendere coscienza di sé e delle proprie potenzialità. L'ingresso in scena del professor Sinigaglia – uno dei ruoli cruciali nella pur mostruosa carriera di Marcello Mastroianni – appare come un risveglio di tale coscienza, con quell'amaro finale che suggerisce l'ineluttabilità del sacrificio di fronte ai sogni di un futuro migliore. Ma il futuro non è mai dietro la porta: va guadagnato, con la pazienza, gli sforzi e – non ultima – la cultura, che libera la mente dalle catene dell'ignoranza. Tra gli altri interpreti: Renato Salvatori, Raffaella Carrà, Folco Lulli, Mario Pisu, Gabriella Giorgelli, Bernard Blier, Annie Girardot e Vittorio Sanipoli. 7/10.
Torino, fine 1800. Gli operai di una fabbrica scioperano per poter migliorare le condizioni di lavoro disumane cui sono sottoposti. Un professore, uomo di cultura, guida la rivolta e motiva i dissidenti. A un passo dal fare la storia, gli operai perderanno - e sanguinosamente - il braccio di ferro contro i padroni.
(Re-visione 14/10/21)
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