Regia di Jean-Paul Salomé vedi scheda film
Patience, vedova con due figlie e una madre in casa di cura in procinto di essere trasferita a causa dei suoi ritardi nei pagamenti. Lavora come traduttrice e interprete dall’arabo al francese presso la polizia di Parigi. Nel corso di un’intercettazione viene a conoscenza dell’arrivo di un carico di hashish dal nord Africa e invece di comunicarlo ai suoi superiori, fra cui il compagno, a capo delle operazioni di narcotraffico, decide di usare quel che ha appreso per iniziare a contrabbandare stupefacenti.
Tratto dal romanzo omonimo pubblicato nel 2017 e scritto dall’avvocato penalista Hannelore Cayre, la pellicola di Jean-Paul Salomé, tornato dietro la macchina da presa a sette anni dal precedente Io sono il morto, non certo fra le più indimenticabili performance del cinema d’oltralpe, gode della bravura di Isabelle Huppert capace di trascinare l’attenzione del pubblico sul personaggio di una vedova sottopagata e che deve correre per far quadrare bilanci, con un rapporto affettivo con un superiore che nel breve volgere di un tempo cinematografico diventerà il suo peggior inseguitore e una madre ricoverata in casa di cura che involontariamente le farà conoscere chi contattare per diventare la più efferata trafficante della capitale.
Commedia che sa mantenere incollati allo schermo grazie ai più classici equivoci e in perenne bilico fra l’heist movie e il thriller. Quasi del tutto ignorata dalla grande distribuzione, causa ritardo provocato dalla pandemia, il film di Salomè diventa al fine e fra le sapienti mani della Huppert un’occasione di rilancio per una carriera, quella del regista, che pareva troppo prematuramente ferma.
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