Regia di Paolo Genovese vedi scheda film
Marco è un professore di fisica, Anna una disegnatrice di fumetti. Un giorno di pioggia si incontrano per caso e si innamorano. Nonostante le impervie della vita e le vicissitudini varie, riusciranno a stare insieme vent’anni.
Sarebbe interessante sapere quali fossero le reali intenzioni di Paolo Genovese che, reduce dal clamoroso successo di Perfetti Sconosciuti e dalla tiepida prova di The place, decide di lanciarsi nell’anomala cronaca di un amore molto provato dagli eventi del destino. Partendo da una storia semplice, che potrebbe coinvolgere ognuno di noi, Genovese architetta una narrazione in cui si viaggia nel tempo, tra passato e presente, in modo così assiduo e costante da mettere in difficoltà anche lo spettatore più attento (non fosse per Borghi che distingui tra passato e presente per la presenza della barba matura o l’assenza della stessa, distinguere i due tempi sarebbe veramente impossibile). La grande pecca di questa pellicola sta’ infatti proprio nella scelta di utilizzare una cronologia mista, inizialmente apprezzata ma alla lunga fastidiosa e a tratti ripetitiva.
Affidare a Borghi e alla Trinca i ruoli principali risulta essere invece una mossa vincente. La loro recitazione è convincente nonostante sia basata su una sceneggiatura a dir poco paradossale. Le vicissitudini personali in cui incappano i due protagonisti farebbero invidia al più sfortunato degli uomini. Disturbante anche l’idea di associare importanti scelte di vita alle benevole conseguenze dei guai passati; questa ostentazione forzata di un destino fatalista (come spesso viene citato anche nella pellicola dallo stesso Marco/Borghi) riporta alla memoria i romanzi adolescenziali e cancellano totalmente la possibilità di empatizzare con i protagonisti, creando un muro invalicabile.
Pur restando una pellicola che si lascia guardare, alla fine della visione resta poco o nulla. Lo stesso finale che conferma quanto sopra espresso in merito alla necessità di tramutare tutto in normalità sopportabile, finisce per farci storcere il naso, in un contesto sommariamente drammatico in cui alleggerirne gli effetti finisce per annullarne gli effetti che lo colui che guarda quasi tende a desiderare (la commozione nemmeno mai accennata) finendo per essere disilluso e beffato.
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