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Una femmina

Regia di Francesco Costabile vedi scheda film

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La recensione su Una femmina

di Peppe Comune
7 stelle

La sedicenne Rosa (Lina Siciliano) vive in un piccolo paese della Calabria insieme alla nonna (Anna Maria De luca) e allo zio (Fabrizio Ferracane), un boss della ‘ndrangheta impegnato a mantenere la pace con le altre famiglie della zona. Ma l'arrivo alla vita adulta significa per Rosa scoprire che quella esistenza sottomessa non si sposa affatto con la sua sopraggiunta voglia di libertà. Poi le cose cambiano ancora più in fretta quando scopre che la madre non è morta per le cause che gli sono sempre state raccontate dai suoi familiari. E si ribella a quella famiglia e a quell'ordine sociale, che soprattutto alle donne concede solo lo spazio per respirare. 

 

Lina Siciliano, Annamaria De Luca

Una femmina (2022): Lina Siciliano, Annamaria De Luca

 

“Questo film e ispirato a storie e a fatti realmente accaduti ed è dedicato a tutte le donne vittime della ‘ndrangheta. A tutte le femmine ribelli”. 

Con questa didascalia inizia “Una femmina” di Francesco Costabile (liberamente ispirato al libro Fimmine ribelli” di Lirio Abbate), un film dalle tinte criminali fortemente caratterizzate, caloroso per quanto il fuoco delle passioni sta sempre a tramare i suoi disegni criminali, e nero come il carbone per come la vita di ognuno è sempre listata a lutto per l'accettazione fatalistica della morte. Francesco Costabile sembra strizzare l'occhio al bellissimo “Anime nere” di Francesco Munzi. Si incammina infatti lungo lo stesso solco antropologico e ne ricalca gli stessi caratteri d'ambiente. Certo, non ne trasmette lo spessore autoriale e il taglio da tragedia greca, caratteristiche che servono a connettere la Calabria di “Anime nere” al resto del mondo pur facendo emergere la dimensione “rurale” che rimane una loro fondamentale caratteristica di vita. Costabile rimane in un ambito più circoscritto, sia per respiro culturale che ampiezza di vedute, limitandosi ad offrire una fotografia attendibile delle “anime nere” che abitano il qui e ora dei monti calabresi. 

Credo sia opportuno sottolineare un tipo di riflessione che un film come “Una femmina” può indurre a far emergere, ovvero, quella riferita all’attitudine del sistema cinema italiano a tendere verso una sorta di regionalizzazione del prodotto cinematografico, che al di là delle ovvie peculiarità culturali e territoriali, sembra fondarsi sull'affidamento fiduciario a determinati clichè stilistici che già hanno dato prova di una buona resa commerciale. Ciò premesso, e tornando quindi a “Una femmina”, se da un lato è un bene che il cinema si prenda carico di raccontare storie altrimenti dimenticate, di mettere in evidenza il coraggio di chi si ribella ad un ordine sociale retto sul potere arbitrario delle mafie, dall'altro lato non bisogna correre il rischio di replicare film sulla criminalità organizzata quasi come se si volesse ricalcare una ricetta ormai consolidata nelle sue caratteristiche formali e connotazioni territoriali. Detto altrimenti, quello di esaurire la Calabria nel milieu ‘ndranghetista è un pericolo che non bisogna commettere nonostante l'urgenza di far emergere la denuncia attraverso storie che altrimenti rimarrebbero nel dimenticatoio. La questione è certamente complessa, sintetizzabile facendo leva su due poli speculativi tra loro complementari : quello etico, con riferimento al fatto ineludibile che fare film sulle mafie significa, molto semplicemente, raccontare la realtà del paese attraverso aspetti socio-culturali che (purtroppo) esistono e resistono ; e quello estetico, che invece guarda allo stile narrativo che si adotta, che può inevitabilmente declinare verso lo stereotipo moralistico se si punta più sulla forma esteriore che ne accentua il dato spettacolare piuttosto che andare in profondità per farne scorgere i moventi sociali e le implicazioni antropologiche. 

“Una femmina” si smarca dai facili manierismi filmando il fuoco della vendetta che cresce dentro il corpo di una ragazza e facendo del volto di Rosa un'arma affilata che si ribella alla violenza arbitraria dei più forti. Francesco Costabile la segue nella sua evoluzione esistenziale, facendola essere la pietra angolare di una ribellione che si orienta lungo tre percorsi socio culturali tra loro complementari : della donna rispetto al potere patriarcale dei maschi ; della cittadina contro un ordine sociale che si vorrebbe immodificabile ; della figlia che si ribella per nome e per conto dell'innocenza violata in seno alla famiglia. Rosa scopre all'improvviso il male di cui è stata vittima e sempre all'improvviso non può prescindere dal fare i conti con la violenza che lo ha generato e la vendetta che lo alimenterà. Quello che sembra apparirgli subito chiaro e che non vi può essere uno spirito di corpo così forte da non lasciar vivere anche un solo anelito di autentica libertà, che non ci può essere famiglia tanto egoista da non lasciare spazio alla ricerca autonoma della propria felicità. Lei pensa alla madre persa troppo in fretta, che si fa specchio della voglia di non rimanere schiacciata in una vita tinta di nero, indirizzata in ogni momento dall’insana abitudine di considerare le donne come a degli oggetti passivi del disegno sociale.  E Rosa si ribella per conquistarla quella libertà negata, per iniziare a vivere ciò che resta della propria felicità. Per sé stessa e per chiunque intenda entrare nella falla di un ordine sociale che si vorrebbe inscalfibile, retto sulla sottomissione delle donne e sulla protervia dei maschi, che credono di essere liberi solo perché vivono comandando in un mondo chiuso. 

C'è una sequenza molto bella ed emblematica rispetto ai tempi e ai modi usati da Rosa per mettere a punto il suo piano di liberazione. La ragazza arriva insieme alla nonna alla casa di un boss rivale. La macchina da presa la riprende di spalle mentre si avvia verso l’abitazione, la nonna è rimasta in auto ed è inquadrata di quinta. Ad un certo punto Rosa si volta e si passa il pollice sulle labbra come a volersi strappare il rossetto. Il gesto è rabbioso ed è fatto con una tale perentorietà da non lasciare dubbi circa la gravità tragica che intende esprimere. Ormai Rosa ha intrapreso una strada senza ritorno e quel gesto, a mio avviso, sta ad indicare il fatto che lei è disposta a mettere da parte la sua femminilità se questo può servire a riconquistarla una volta e per sempre. 

Nonostante qualche riserva d'obbligo, un buon film da promuovere. 

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