Regia di Stanley Kramer vedi scheda film
Dire che è un film datato ('58) significa non comprendere che è appunto sullo "scontro-incontro" tra i due uomini di razze diverse che si impianta questo film, come del resto tutta la filmografia di Kramer. Concordo con Bradipo che è nella più tradizionale filmografia di Stanley Kramer l'aver posto uno "di fronte" all'altro - anzi, uno "legato" all'altro da una catena non metaforica (la catena che unisce i due evasi) - i due uomini; legati dallo stesso destino, fin quando fuggono inseguiti dalla muta dei cani; laddove invece alla fine del film potrebbero avere destini diversi, proprio quando non sono più legati dalla catena...ma è proprio allora che una ben più solida catena finirà per unirli: quella dell'amicizia...tanto che il bianco (convincente interpretazione di Tony Curtis, forse mai tanto serio come in questo film), ferito gravemente, si rivolgerà al compagno (un Sidney Poitier giovane, ma già impegnato sul tema del razzismo, avendo interpretato "Uomo bianco tu vivrai" di Joseph L. Mankiewicz nel 1950) con queste parole.. "che amorevole mammina saresti stato...!", con ciò sottolineando il quid di tenerezza che - dopo tanta violenza tra i due - si sprigiona nel loro rapporto. Un cinema di impegno civile, quello di Kramer, di denuncia della discriminazione razziale esistente negli USA anni '50...Come non ricordare "Indovina chi viene a cena", dove una probabile unione tra due giovani di razza diversa scatenerà un drammatico scontro di coscienze nell'animo dei rispettivi genitori. Infatti ,se da un lato il padre di lei - uno Spencer Tracy sempre ai massimi livelli - nel valutare le conseguenze nella vita di ogni giorno di un'unione mista, è dilaniato dal dubbio se darne l'assenso, tanto da sembrare insensibile alle ragioni del cuore cui fa appello la moglie (una delicatissima Katharine Hepburn) "ma cosa avete voi uomini di una certa età...che non vi ricordate più cos'è l'amore?!", il quale poi finirà col benedire l'unione, spinto da un forte "ideale" civile, "avrete da superare l'ostilità del mondo intero...ma rimarrete uniti sempre dal vostro amore"...non dissimili perplessità matureranno nella mente del padre del fidanzato nero, interpretato, quest'ultimo, sempre da Poitier, che, pur di dissuaderlo da quell'unione, non esiterà a ricordargli tutti i sacrifici fatti (da postino) per farlo studiare...e al quale il figlio risponderà con fermezza che quello che il padre ha fatto era nè più nè meno ciò che il dovere di padre gli dettava, e non per questo il figlio gli deve obbedienza. Analogo scontro viene denunciato da Kramer allorchè si tratta del "diverso", sia esso un dismorfico - stupendamente interpretato da Michael Dunn - nomination nel 1966 come miglior attore non protagonista - o l'appartenente ad una "razza inferiore", come viene considerato l' ebreo Löwenthal (Heinz Rühmann), non a caso messi allo stesso tavolo sulla nave tedesca che torna in patria nella prima metà degli anni '30 (La nave dei folli, del '67). Ma esiste uno scontro ancor più violento: quello che si verifica nella coscienza di un uomo che compie consapevolmente "il male", ottenebrato dalla paura, o dal potere; e quando ormai troppo tardi egli apre gli occhi, come fa il giudice nazista dell'Alta Corte per la Difesa della Razza, (un Burt Lancaster indimenticabile), il quale, rivolgendosi al giudice USA che lo ha condannato (uno Spencer Tracy superlativo) chiede stravolto "ma quando abbiamo iniziato a sbagliare!!!", si sente rispondere " "Lei doveva capirlo la prima volta in cui condannò a morte un uomo pur sapendolo innocente" (Vincitori e vinti, '61).
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