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La parete di fango

Regia di Stanley Kramer vedi scheda film

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La recensione su La parete di fango

di munnyedwards
9 stelle

 

È notte e piove che Dio la manda, nel furgone che trasporta i detenuti una sola voce sovrasta lo scrosciare impetuoso dell’acqua, è la voce di Noah Cullen (Poitier) che canta Long Gone (From Bowlin' Green), un secondino gli intima di smetterla ma Cullen se ne frega, il suo compagno di catene, un bianco di nome John Jackson (Curtis) fa altrettanto ma ci aggiunge una parola di troppo, il nigger fa vibrare di rabbia il gigante d’ebano che si alza di scatto pronto a tutto (“Nigger! You call me that again, and I'll kill you!”).

Ma la resa dei conti deve essere rimandata, il destino ci mette lo zampino e il furgone esce fuori strada finendo in una scarpata, la pioggia intanto continua la sua danza che sembra infinita, quando lo sceriffo Muller (Theodore Bikel) arriva sul posto scopre che non ci sono vittime ma solo due fuggiaschi da recuperare, un nero e un bianco incatenati insieme perché (“Alla prigione hanno il senso dell’umorismo”), Cullen e Jackson sono in fuga legati l’uno all’altro, due anime rabbiose e in forte conflitto costrette a convivere in un unico “corpo”, probabilmente si uccideranno prima di essere presi sostiene uno degli inseguitori, mentre un gruppo di “bravi cittadini” è pronto ad unirsi alla caccia, “Sarà come sparare ai conigli” dicono, prima di essere fulminati dallo sguardo indignato dello sceriffo.

 

locandina

La parete di fango (1958): locandina

 

È nell’america razzista degli anni ’50 (a ben vedere non tanto diversa da quella attuale) che Stanley Kramer, produttore di grande successo a cui si devono film come Mezzogiorno di fuoco, Il selvaggio, Cyrano de Bergerac e L’ammutinamento del Caine, decide di ambientare la sua epopea umana, il suo forzato viaggio on the road tra paludi e natura selvaggia, tra uomini pronti a linciare come nel vecchio west e altri che invece si ribellano, tra donne sole abbandonate nel nulla e sceriffi che mantengono salda la loro integrità morale, sono le contraddizioni di un paese imperfetto, di un mondo imperfetto, sono le contraddizioni di sempre.

La parete di fango (The defiant ones) fu scritto da Harold Jacob Smith e sotto pseudonimo (Nathan E. Douglas) da Ned Young, che al tempo era accusato di attività anti-americana, quando Elizabeth Taylor la notte degli Oscar del ‘58 consegnò la mitica stutuetta alla miglior sceneggiatura originale Kramer dichiarò: “Almeno abbiamo battuto la lista nera”.

Ma il film aveva battuto anche tanti pregiudizi, portando alla ribalta una storia appassionante condita da un potente realismo e da una messa in scena solida ed efficace, Kramer era al terzo film da regista, dopo un esordio passato inosservato il successo arriva con Orgoglio e Passione ma è con questa opera di matrice chiaramente progressista che dimostra in modo inequivocabile tutte le sue qualità.

Il regista è abilissimo nell’unire diversi elementi narrativi in un unico corpo filmico che non mostra cedimenti, La parete di fango è un opera che può contare su una sceneggiatura praticamente perfetta, uno scritto di notevole impatto che permette a Poitier e Curtis di esibirsi in duetti indimenticabili, in confronti al vetriolo che raccontano le diversità e i sogni di due personaggi agli opposti che si scopriranno quanto mai simili, entrambi vittime di una società opprimente e razzista, divisi dal colore della pelle ma uniti da una catena che diventerà simbolo di libertà.

 

Tony Curtis, Sidney Poitier

La parete di fango (1958): Tony Curtis, Sidney Poitier

 

Tony Curtis, Sidney Poitier

La parete di fango (1958): Tony Curtis, Sidney Poitier

 

Kramer punta tutto su due attori in stato di grazia, Sidney Poitier si preparava a diventare un paladino dei diritti civili, grazie alle sue interpretazioni molti pregiudizi del cinema americano del tempo vennero duramente colpiti, oggi si incensano giustamente attori come Morgan Freeman, Denzel Washington e Samuel L. Jackson ma Poitier fu un vero pionere e la sua opera artistica merita un grande riconoscimento, il personaggio di Cullem è tra i più importanti e riusciti di una filmografia ricca di successi e di film di grande rilevanza sociale, Tony Curtis non gli è da meno, il suo John Jackson detto “Joker” si lascia ricordare a lungo, gretto razzista ma anche sognatore, uomo fragile divorato da una rabbia che non riesce a contenere, ma ancora capace di scorgere la retta via e di mantenere vivi principi morali che tanti altri sembrano aver perduto.

La parete di Fango è un film di grande intensità emotiva, dominato da momenti dove l’azione la fa da padrone e la tensione sale alle stelle, ma è soprattutto un opera che riesce a proporre in perfetto equilibrio numerose scene madri, momenti di grandissimo cinema: i dialoghi esistenziali tra Cullem e Jackson, i due fuggitivi che cercano di uscire dalla buca di fango, la scena del tentato linciaggio con uno straordinario Lon Chaney Jr, l’ex Uomo lupo della Universal si trasforma in un combattivo paladino della giustizia, e poi ancora il dialogo tra Tony Curtis e Cara Williams, la donna sola pronta a tutto pur di evadere (anche lei) da una vita dalle sbarre invisibili…infine quelle fuga disperata, quella mani che si uniscono in una sola, una bianca e una nera alla ricerca di un appiglio di libertà che sfugge via beffardo.

 

Sidney Poitier, Tony Curtis

La parete di fango (1958): Sidney Poitier, Tony Curtis

 

Tony Curtis, Sidney Poitier, Lon Chaney jr.

La parete di fango (1958): Tony Curtis, Sidney Poitier, Lon Chaney jr.

 

Tony Curtis, Sidney Poitier, Cara Williams

La parete di fango (1958): Tony Curtis, Sidney Poitier, Cara Williams

 

E allora non resta che intonare ancora una volta Long Gone (From Bowlin' Green), in attesa dello sceriffo Muller, che fino all’ultimo ha tenuto testa ai suoi compagni di caccia, a chi voleva il sangue, a chi scambiava conigli per uomini, a tutti quelli che cercavano una giustizia facile che invece non avranno.

Furono ben nove le nomination all’Oscar, tra cui miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista (candidati sia Poitier che Curtis), miglior non protagonista maschile a Theodore Bikel e femminile a Cara William, alla fine il film prese due premi, quello alla miglior sceneggiatura originale e quello alla splendida fotografia in B/N di Sam Leavitt.

Due remake, uno per la TV nel ’86 (Fuga disperata) con Robert Urich e Carl Weathers e uno per il cinema nel ’96 (Inseguiti) con Stephen Baldwin e Laurence Fishburne, inutile dire che nessuno dei due si avvicina neanche lontanamente all’opera originale firmata Stanley Kramer, un film che ormai si può vantare del titolo di classico senza tempo.

Voto: 9

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