Regia di Peter Medak vedi scheda film
Il mostro che tre anni orsono aveva spaventato per la sua originale anatomia, sia fisica che nel rapporto sessuale, torna in questo sequel, la cui direzione passa all'ungherese Medak, deciso a non abbandonare la filosofia e le atmosfere del primo film, che fanno di questo seguito un risultato accettabile.
Il regista sa bene cosa i fan della saga hanno apprezzato del primo capitolo, egli si appresta quindi, a far di tutto per risvegliare ancora una volta quel senso di inquietudine e pensieri che caratterizzavano il primo film e che colpirono tanto lo spettatore, aggiungendovi un pizzico di originalità. Scelta, dunque, che non poteva non essere ben accolta dai fan. Torna di nuovo quella neutralità, che non si pone né dalla parte degli scienziati al servizio del pomposo governo americano né dalla parte dell'alieno. Entrambi colpevoli: uno di sfruttare senza pietà una cavia da laboratorio ancor più umana del primo episodio; studiosi che neppure si sono degnati di riflettere su cosa rischiarono nel passato con simili studi; il mortale alieno invece, è più simile ad un virus che una specie con cui si può avere un minimo di garbo, ma questa volta Medak ha la buona idea di rendere l'infetto capace di creare mostruose progenie, più consapevole e più tormentato dai suoi terribili atti, tanto da cercare il suicidio, in una scena magnifica per splatter ed effetti speciali. Anche il gore e il sesso sono aumentati, il film punta molto su di essi, cercando di disgustare e angosciare (riuscendoci appieno) lo spettatore.
Purtroppo il non effettuare quasi nessun cambiamento alla formula già riuscita non porta sempre buoni frutti. Anche se l'atmosfera è ben mantenuta, il soggetto comincia ad accusare qualche debolezza. Tralasciando gli ottimi effetti speciali, la regia che è buona e riprende lo stile del capitolo precedente, più le musiche che fanno il loro dovere, ma non raggiungono minimamente le suggestionanti colonne sonore di Christopher Young, i restanti aspetti tecnici e trama risultano fiacchi e sbrigativi: su tutti le sceneggiature. Se già nel primo non erano certo la punta di diamante del lungometraggio, qui ormai non sono per niente credibili e non riescono neppure a creare solennità o tensione, per fortuna Medak ha almeno la dignità di puntare più su scene dove prevale l'azione. Tornano anche Michael Madsen, Marg Helgenberger e Natasha Henstridge nei medesimi ruoli, non deludono in ambito recitativo, ma i personaggi sono ancor più lasciati da parte e praticamente invisibili del precedente capitolo, pressoché inutili se non nel finale, in particolare la Henstridge, la cui scelta di farla riapparire nel cast è un grosso errore, visto che la sua unica funzione è quella di scimmiottare il negativo finale del primo film. Peccato anche per la trama, deludente per la sua banalità e leggerezza con cui procedono gli eventi, pressoché identici a quelli del passato episodio, se non per il cambio di sesso dell'alieno da inseguire.
Riscrivere ed emulare totalmente la prima opera di Donaldson, ha i suoi pregi e difetti, purtroppo ricreare lo stesso effetto del primo episodio in questo modo è praticamente impossibile, Medak oltre che imparare la lezione dal suo precedessore avrebbe dovuto osare di più. Rimane comunque un sufficiente sequel, che grazie ad alcune esagerazioni rispetto alla precedente opera convince gli appassionati della saga.
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