Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Una madre malata e in fin di vita (Gudrun Geyer) ed un figlio (Aleksei Ananishnov) che la assiste amorevolmente fino alla fine dei suoi giorni. Tutto qui questa struggente favola di fine millennio regalataci da Aleksandr Sokurov, ottimamente retta sul perfetto equilibrio tra contenuti etici e ricerca formale. Il figlio accompagna la madre nel suo calvario addolcendone la sofferenza: recitandogli versi, parlandogli di loro, ricordandogli fatti e situazioni della loro esistenza insieme, portandola in braccio a immergersi in una campagna tanto bella e pura da sembrare fuori da ogni dimensione spazio temporale, tanto in simbiosi con le cose della natura da rappresentare, forse, l'unico elemento capace di lenire il loro dolore. Le parole sono sussurrate, le carezze sono di una dolcezza commovente e i suoni della natura fanno da corollario a una esperienza estetica davvero unica. Io credo che uno dei tratti distintivi e più affascinanti dell'arte cinematografica sia il fatto che ci sono certe caratteristiche che rendono subitamente riconoscibile un determinato sistema cinema rispetto ad un altro, che per quanto non si possa parlare di schemi rigidi e onnicomprensivi è indubbio che quanto più un cinema tende ad essere autoriale tanto più è suscettibile di impastarsi con la cultura del suo tempo e del suo territorio. Ciò premesso, ritengo che certo cinema non possa farsi che dalle parti del nord-est europeo. Un cinema, cioè, che ha nella complementarità tra immagini e suoni, nell'ascetismo e nell'estetica espressa in forma pittorica, alcuni dei suoi tratti peculiari. In "Mat'i syn" ciò che emerge più di tutto è il fatto che Sokurov, più che dirigere un film, dipinge squarci di esistenze (e in ciò l'influenza del maestro Tarkovskij è evidente). Oltre il film, sembra di entrare in un caleidoscopio fatto di giochi ottici e cromatici che si alternano di continuo. Per stessa ammissione del regista, il riferimento pittorico più immediato è il tedesco Caspar David Friedrich, ma si possono anche menzionare Brueghel e la pittura mistica del rinascimento italiano (specie per le scene di effusioni tra il figlio e la madre morente). Come già mi è capitato di dire per il film "Gostanza da Libbiano" di Paolo Benvenuti, "Mat'i syn" è un'esperienza da fare assolutamente. Per lo sperimentalismo radicale che arriva a farsi poesia in movimento e per l'amore del figlio per la madre. Grande cinema.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta