Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
A 25 anni Amenábar firma un'opera coraggiosa, per essere il suo secondo lavoro, ma riuscita. Sarà l'età che dà quel pizzico di incoscienza che è solo voglia di mettersi in gioco, sarà la generale esplosione del cinema spagnolo degli anni '80 e '90 parallelamente all'involuzione nostrana, sarà l'eredità umana lasciata dai genitori che lo portano via dal Cile di Pinochet per cercare approdo in Spagna. Qualunque sia la sorgente, l'approdo è tra i più interessanti degli ultimi 20 anni. In Abre los ojos gioca con riflessioni filosofiche e religiose mettendole in luce dalla prospettiva di un presente che pretende felicità senza sofferenza, vuole la vittoria senza lottare per essa. La realtà si distorce e il sogno forse è il vaccino, è il conflitto interiore che, inconsciamente, costringe a riconsiderare un'esistenza malata o degli scopi futili. Il finale è furbo, ma si ferma nel momento giusto, non va oltre, lascia il dubbio che il percorso onirico possa risultare vano e che la rinascita possa non voler dire necessariamente cambiamento.
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