Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Apri gli occhi, il titolo sembra proseguire il tema avviato con il pregevole esordio del regista A.Amenabar che con Tesis aveva esplorato i limiti dell'immagine e la sua sopportabilità nei confronti del reale. Nel considerare a posteriori la sua filmografia, questa seconda prova appare forzatamente come una tappa transitoria verso un progressivo allontanamento dalla riflessione morale ed estetica dell'immagine filmata, per andare verso visioni più interiori che sono poi il vero motore che materializza la creazione cinematografica. Il giovane ricco e rampante Cesar, dapprima belloccio e dotato di faccia da schiaffi, si ritrova dopo un misterioso incidente orribilmente sfigurato, al punto di doversi mascherare il volto, accusato di un delitto e in preda ad uno stato confusionale che combina ricordi, realtà, sogni, in un unico mosaico non sempre controllabile e distinguibile. La traccia thriller si mescola senza stacchi da quella più marcatamente melodrammatica che specialmente nella prima parte del film si rivela come la sua componente più debole. Un'interpretazione un pò piatta con un taglio che riconduce banalmente ad intrecci sentimentali leggeri, non irrobustisce il racconto, anzi lo rallenta con passaggi un pò troppo stucchevoli che non vengono poi bilanciati da forti elementi di mistero. Il contrasto sogno- realtà gestito dall'alternanza di due figure femminili, se definiscono ulteriormente lo spessore psicologico del protagonista (ma non sembra necessario) appare come un espediente funzionale ma ingenuo per alimentare la matrice simbolica e di contenuto del film. Sogno e realtà si rincorrono senza sosta giocando a confondere e a spiazzare lo spettatore che dovrebbe avere a che fare con due diverse letture. Il congegno però si smonta abbastanza presto, e i vari segmenti narrativi pure se (non sempre) ben combinati fra registro noir e quello psicologico, non contribuiscono a dare una vera e propria continuità alla storia che sembra solo ruotare intorno all'idea forte di partenza. Il protagonista Cesar, resta implacabilmente intrappolato in essa, eventi, azioni, luoghi ricorrenti, vengono ricollocati dalla sua mente in una realtà che resterà presunta fino alla fine, quando si dovrà"aprire gli occhi". La possibilità che l'immaginazione possa sostituirsi alla realtà e diventare la sua parte essenziale cresce con il passare del tempo ma senza ottenere una adesione formale da parte di chi guarda, invischiato da spruzzate di filosofia della modernità che aumentano una sensazione di fondo di freddo distacco. Non esente dal tirare in ballo un rapporto al limite dell'impossibile con lo psicologo del carcere che lo dovrebbe aiutare, Cesar si vede costretto ad una relazione confessionale nella quale il suo mascheramento non sarà altro che quella copertura interiore e insondabile che nemmeno la scienza può interpretare a fondo. I lavori successivi di Amenabar saranno improntati a scaricare gran parte dell'ingombrante discorso teorico e ad orientarsi verso un'immagine meno contorta e più accettabile soprattutto sotto il profilo emozionale che in Apri gli occhi manca completamente.
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