Regia di Bruno Pischiutta vedi scheda film
Prima di rivisitare la Commedia del Sommo Poeta, il Pischiutta si scalda e ci scalda con elucubrazioni socio-politiche...
Film girato in epoca di piena deflagrazione del nostro cinema di genere e "degenere", ormai divenuto autentica mina vagante e senza controllo, dove chiunque ma davvero chiunque poteva prendere in mano una macchina da presa, racimolare quattro buontemponi e mostrarsi nelle numerosissime sale di terza e quarta visione che ancor popolavano la nostra terra di santi, poeti, navigatori e cineasti.
Con i pochissimi denari messi a disposizione dalla tal Maria Enrichetta Corona (coautrice anche del soggetto) con il suo sgangheratissimo "Collettivo italiano attori cinematografici", il generico Bruno Pischiutta, evidenziando un pressapochismo e una mancanza di professionalità senza pari, esordisce con un'opera che avrebbe dovuto essere, almeno nelle intenzioni, una sorta di riflessione sul movimento femminista, all'epoca assai in voga e sull'impegno politico della donna come reazione al maschilismo imperante della società borghese.
Pensando di essere Ingmar Bergman, il Pischiutta ci sciorina negli interminabili cinque minuti iniziali, primi piani delle attrici (se così possiamo chiamarle) coinvolte in questo pastrocchio (alcune carucce altre decisamente racchie), il tutto piazzato lì tanto per fare metraggio e sottolineato dall'ossessivo motivo portante ripetuto fino allo sfinimento di una colonna sonora scritta addirittura a quattro mani da autori ultrasconosciuti i cui nomi non ci direbbero davvero nulla.
Se il cineasta scandinavo amava scandagliare le contraddizioni dell'animo umano affidandosi ai chiaro-scuri del grande Sven Nyqvist, il Pischiutta, dovendosi accontentare di un certo "Mambo" (sic!) a illuminare la scena, si mostra subito in qualità di attore celandosi dietro lo pseudonimo decisamente trash di Fred Ballantines (arisic!). Nel rivestire la parte dell'amante della protagonista Sandra, il nostro, forse con la complicità del troppo superalcolico con il cui nome ama firmarsi, ci appare nella scena iniziale a letto con la detta protagonista ergendosi e imponendosi in una nudità fortunatamente limitata al mezzo busto, esibendo pettorali e relativa cassa toracica non esattamente adamitici. Sandra, interpellata dal Pischiutta-Ballantines di come abbia fatto a perdere le sue "inibizioni", ci racconta come nell'ultimo anno di specializzazione universitaria abbia deciso di frequentare un gruppo di femministe e di attivisti politici per sfuggire a un rapporto con il marito Claudio dominato da una sempre crescente incomunicabilità. Durante il flashback il film da girato a colori si trasforma inspiegabilmente in un bianco e nero virato seppia forse dovuto, più che a scelte artistiche, all'unica pellicola probabilmente scaduta offerta dalla detta scalcinata produzione. Claudio, definito da Sandra come un marito ideale, si rivela l'emblema del maschilismo più becero e retrivo e al quale vengono messe in bocca battute agghiaccianti del calibro di "sicuramente queste tue amiche non possono essere intelligenti, visto che sono donne!" e altre amenità simili. Guai a parlargli mentre segue la partita in televisione, ama attardarsi in sala bigliardo con amici della sua risma e, dulcis in fundo, facendo credere alla moglie di essere in viaggio per lavoro, trova anche modo di spassarsela con una turista americana. Ne riveste la parte una specie di nana dall'accento anglofono talmente fasullo e al cui cospetto persino l'indimenticata Coralina Cataldi del "Bosco di Marfori" sembrerebbe provenire dal Milwakee!!! Scoperto il tradimento, Sandra vivrà una serie di deliranti avventure e incontrerà una congèrie di personaggi uno più assurdo dell'altro, tra cui anche un'insegnante di ginnastica lesbica con la quale allaccerà un'inevitabile relazione saffica, per poi tornare mestamente alla vita di sempre con il solito marito distratto e fedifrago. Al termine del racconto dell'amata, il Pischiutta, sempre nella sua beltà a torso nudo, prenderà in mano la situazione da "maschio dominante" obbligando la povera Sandra a un incredibile "rapporto da tergo" nella scena finale tornata improvvisamente a colori!!! (vedere per credere!).
Affermare che il Pischiutta sia un emerito incompetente è come scoprire l'acqua calda. Se un discorso per certi versi apprezzabile con il quale si vorrebbe dimostrare l'impreparazione culturale e l'incapacità della donna media dell'epoca a ribellarsi all'ipocrisia consolidata e a un'ancor imperante inferiorità rispetto al maschio, la totale noncuranza dell'"ABC" della regia disperde ogni velleità intellettualistica nel trash più becero, in una con la recitazione terrificante dei giovani e meno giovani carneadi raccattati per l'occasione.
A ciò aggiungiamo personaggi che appaiono e scompaiono dalla scena senza una logica ben precisa, come il preside che diventa improvvisamente una preside!!!; voragini di sceneggiatura riempite ora dalla devastante colonna sonora, ora da interminabili e sfiancanti sequenze (vedasi per tutte l'orgia finale a casa della fantomatica "marchesa" realizzata in maniera talmente confusa e maldestra che le "sessuoteche" delle "Rivelazioni polselliane" ci sembrerebbero "Eyes Wide Shut").
Tra uno scavallamento di campo e un'inquadratura sbagliata, con il personaggio del matto che si suicida in modo tale che tutti possano vedere il cadavere tranne i diretti interessati, ovverosia noi malcapitati spettatori, quegli altrettanto folli che, al pari del sottoscritto, abbiano avuto il coraggio di seguire il film dall'inizio alla fine potranno anche scorgere alcuni momenti disturbanti e di buona efficacia ancorchè piazzati lì completamente a casaccio non avendo il minimo raccordo con lo sviluppo narrativo. A parte la femminista che si prostituisce facendosi prendere a frustate da un barbuto cliente pensando di affermare una pretesa superiorità, emerge la confessione nel corso di uno dei collettivi di una delle compagne di Sandra, ricordando una sadica violenza perpetrata ai danni di una povera ritardata, il tutto narrato con dettagli decisamente malsani da "Filosofia del Boudoir". Da non tralasciare in ultimo lo stupro di un'attivista da parte di un manipolo di giovani di estrema destra, purtroppo rovinato da quelle perle di comicità involontaria generate dalla proverbiale insipienza del Pischiutta nell'organizzare la scena; uno dei criminali, avvicinandosi con gli altri stupratori quatto quatto come nei cartoni animati, non troverà di meglio da dire se non lamentarsi per non aver compiuto manco una violenza da almeno tre mesi!!! Forte di questo insuccesso, il nostro anomalo cineasta, sempre meno Pischiutta e sempre più "Ballantines", proseguirà le sue avventure-disavventure cinematografiche trasferendosi nelle terre d'oltreoceano. Qui avrà modo di realizzare qualche anno più tardi e recuperando finanziamenti da non si sa dove, il suo capolavoro "The comoedia", imperdibile rivisitazione del poema dantesco in chiave droga-movie ricco di musica psichedelica d'accatto e con un paradiso "ultra low cost" nel quale pare si potranno incontrare nientemeno che Gesù, Gandhi, Maometto e Mao Tse Tung, almeno a detta di chi ha avuto la fortuna (o la sfortuna mettetela come vi pare) di vederlo!!!!
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