Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Un quadro a tinte fosche, che scandaglia le tenebre dell’animo muovendosi a piccoli passi, cercando invano le tracce di un’inarrivabile certezza. Decadentismo ai massimi livelli, inquadrature immerse nel buio e scene lentissime che penetrano il cuore della cultura europea. Questo fu Ludwig: un sovrano considerato pazzo dai suoi contemporanei, eppure assunto - col senno di poi - ad elemento insostituibile della storia occidentale. Senza di lui, il Romanticismo resterebbe confinato nel mondo dell’arte e alcuni dei più grandi capolavori della musica non sarebbero mai stati scritti. Proprio qui, però, si trova l’errore congenito del film. Visconti preferisce dipingere un Ludwig chiuso nella propria sterile inutilità, mente invece salvò veramente Wagner dalla rovina. Un altro errore sta nel non aver evidenziato il forte legame affettivo del Re col suo popolo, scegliendo sempre la strada del totale isolamento. Naturalmente tutto questo non minimizza il capolavoro; ciò che conta è la magistrale interpretazione di Visconti, calata nella stessa atmosfera di fondo in cui visse il giovane protagonista.
Wagner mostra esclusivamente il suo lato peggiore; lo interpreta l’inglese Trevor Howard doppiato dalla voce antipatica di Renzo Montagnani. Cosima è Silvana Mangano e anche lei non si salva dal più becero opportunismo. Nel mezzo si trova Sua Maestà, il Re di Helmut Berger, che gareggia in bellezza col suo incantevole personaggio (una volta tanto è l’attore che perde ai punti). Elisabetta d’Austria è Romy Schneider: una Sissi dura, severa e prosaica, lontana anni luce dalla sua precedente interpretazione. Padre Hoffmann è l’irriconoscibile Goldfinger di Gert Froebe.
Struggente la ricostruzione della grotta dei cigni e lo sfondo musicale wagneriano. Quattro stelle e mezzo.
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