Regia di Oz Perkins vedi scheda film
Fiaba nera tra Jodorowsky e Mario Bava, ai tempi di "Stranger Things". Psicocinesi e musica synth
Terza e ultima fatica (per adesso) del nostro amato OzP. Ancora una giovane protagonista femminile – la brava Sophia Lillis, già vista nell’It di Andy Muschietti – alle prese con l’oscurità. Qui la poetica di Perkins risulta pienamente compiuta e infatti ci troviamo di fronte al suo film migliore: psichedelico come Refn (ritmo e musica synth), cupo e straniante come La montagna sacra di Jodorowsky (a cui il film si ispira sia nella forma che nel contenuto), pop come Stranger Things (psicocinesi e musica synth). Ma c’è anche Suspiria di Argento (porte, finestre e triangoli colorati) e tanto tanto Mario Bava (tout court). Il fiabesco, suggerito nelle pellicole precedenti, viene qui finalmente esplicitato: la vicenda è nota, ma questa volta la protagonista indiscussa è Gretel (l'inversione dei nomi nel titolo non è solo un vezzo), giovane donna che vediamo subito alle prese con un maschile viscido e abusante. Hansel è più piccolo, stolto e tendenzialmente antipatico. Non ci sono altri uomini: la figura paterna è assente, i taglialegna sono solo nominati e non salvano nessuno, in barba alle convenzioni dell’immaginario folklorico. Vengono meno anche i punti di riferimento sociali: la comunità del villaggio (così cara alle fiabe) non garantisce tutele, ma anzi esclude e abbandona. Su tutto aleggia la presenza fetida di una strega, maliarda e corruttrice. Sono molte le similitudini con The Witch (2015) di Robert Eggers, con The Neon Demon (2016) del già citato Refn e, se vogliamo, anche con il più recente Suspiria (2018) di Luca Guadagnino: racconti gemelli di un’iniziazione e del passaggio sempre traumatico dall’infanzia all’età adulta. Registi uomini, ma non per questo privi di una sensibilità in grado di avvicinare il femminile, auspicando – a partire dal cinema di genere – un radicale e doveroso cambio di prospettiva, una rivoluzione dell’immaginario. C’è il rosso vivo del primo menarca, la scoperta del proprio corpo come soggetto desiderante e oggetto desiderabile, lo spogliarsi duro ma necessario dei vincoli famigliari e dei ruoli imposti dalla tradizione (di figlia, sorella, moglie e madre), la progressiva presa di coscienza di inesplorate abilità, fino alla desolante certezza di essere sola in un bosco ostile. Tra gli alberi una rassicurante casetta di marzapane.
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