Regia di Oz Perkins vedi scheda film
Rielaborazione postmoderna della celebre fiaba dei fratelli Grimm, "Gretel e Hansel" di Oz Perkins accumula suggestioni visive mutuate da Mario Bava, Dario Argento e Nicolas Winding Refn, tra fotografia goticamente espressionista e musiche al sintetizzatore. Il senso di disperazione e smarrimento è forte nella prima parte del film, con sorella e fratello costretti a fare i conti con la fame e con un mondo maledettamente ostile in cui il male pervade paesaggio e persone. La suspense della prima parte fa ben sperare fino all'incontro con la famigerata strega. Da qui in poi le differenze con la favola originale diventano marcate e il film evolve come racconto di formazione dell'adolescente Gretel, di scoperta del proprio potere e del suo destino in bilico tra le forze del bene e quelle del male. Il regista dà fondo ad un armamentario visivo di matrice onirica e delinea una relazione tossica quasi parentale tra la vecchia strega e la giovane riluttante apprendista, fino alla violenta conclusione. A non convincere del tutto sono però la mancanza di tensione della seconda parte di film e il messaggio politico e sociale prospettato dal finale: davvero le donne hanno bisogno di disfarsi del tutto degli uomini e rifiutare di relazionarsi con essi per emanciparsi e sfruttare le proprie potenzialità? Un'occasione dunque in parte mancata, che vale comunque la visione in virtù di una confezione audio-visiva piacevole e accattivante e delle buone interpretazioni della giovane Sophia Lillis e dell'esperta e inquietante Alice Krige.
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