Regia di Dario Argento vedi scheda film
Phenomena è l'horror più terribile e potente, mostruoso e respingente di Dario Argento. Di conseguenza, è anche il suo film, in un certo senso, orrorificamente più diretto, palese e sfacciato; quindi, in un certo qual modo, anche l'horror più cinematografico o, meglio, cinematograficamente e filmicamente più plausibile del maestro del brivido. A conti fatti, il suo film dell'orrore più americano e classico. Come se fosse il suo The Exorcist.
Un'opera(zione) che, quindi, palesa e utilizza l'orrore come mera forza del visibile e del "Reale", e che, consecuenzialmente, come accade nel sopracitato film di Friedkin, non ha bisogno di giustificare l'Irreale, perché il soprannaturale, che qui si dichiara come paranormale, è già ammesso in partenza, insito nel tessuto filmico, palesato nell'intento autoriale. Quindi, paradossalmente, stavolta è quasi come se fosse il Reale a dover essere ammesso nell'Irreale, nonché accettato da esso, e non il contrario. Difatti, nel sottofinale avviene una sorta di cortocircuito alchemico ed infernale, nonché un "capovolgimento inferniano", in cui, a differenza di quanto accadeva nel finale del film del 1980 di Dario Argento, non è più il fuoco, inteso come elemento del Reale, che col suo divampare riazzerava ed annientava l'irreale, quasi a voler annullare la presenza massiccia e continua dell'acqua; ma, in questa occasione, è, appunto, l'acqua, intesa, invece, come elemento dell'irreale, che sembra annientare ed azzerare, nello specifico "spegnere", il fuoco, ovvero il Reale, nonché, stavolta, ogni possibilità o tentativo da parte di quest'ultimo di instaurarsi nel sopracitato tessuto filmico. Infatti, non a caso, l'incendio che viene a crearsi poco prima dell'excipit, risulta assolutamente marginale, proprio perché non può avvenire da parte di esso nessun'azione purificatrice e/o riequilibrante, poiché il paranormale, inteso, in generale, come soprannaturale, non ha bisogno di essere estirpato, essendo esso incistito nel tessuto del visibile.
Detto ciò, Phenomena risulta un (altro) tassello fondamentale nella poetica del regista italiano anche perché è il film che preannuncia quella che poi diverrà la "crisi argentiana", riguardante i suoi lavori realizzati dopo Opera. Una crisi, ad esempio, di idee e di fantasia, ravvisabile dal fatto che Phenomena risulta, appunto, un inevitabile horror grezzo e fugace, anti-ambiguo, spicciolo, iper-trasparente, rock. Infatti, a proposito del discorso sul visibile, è uno dei pochi horror in cui lo spettatore intuisce anticipatamente, rispetto al solito, l'identità degli assassini, ovvero il pubblico arriva facilmente a capire, prima del palesarsi di quest'ultimi verso la fine della pellicola, che i killers sono Frau Brückner e il figlio sfregiato: basti pensare a come lei nasconda gli specchi lasciando presagire la deformità del bambino affinché questa particolare caratteristica possa tranquillamente venire associata, per via della sua carica scaturente, al prototipo di un assassino, di conseguenza incrementare la possibilità che egli, vista la statura - più volte inquadrata - della figura che compiva i delitti, sia il killer; lo stesso discorso può essere applicato alla figura di Frau Brückner, per via dell'atteggiamento che assume, risultando ad un certo punto del film, palesemente e prepotentemente maligna, tesa e nervosa, facendo, anche stavolta, intuire anticipatamente il fatto che sia anche lei una dei "cattivi" del film.
Quindi, per tutto ciò scritto finora, Phenomena risulta il suo film "horrorically" più possibile e probabile, dimostrando di essere, per questo, una sorta di controcampo di Tenebre.
Insomma, in un certo qual modo, il suo horror più vero e, al contempo, più impersonale.
E, paradossalmente, il meno argentiano dei suoi lungometraggi, nonostante sia, tra i suoi, il lavoro preferito dallo stesso Dario Argento.
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Eppure, la mente vola verso Eraserhead...
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