Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Quasi uno spaghetti western.
Quentin Tarantino elesse questo brillante western del 67 di Martin Ritt fra i modelli cui aveva attinto per plasmare il suo The Hateful Eight. Ed in effetti, se non ci troviamo di fronte a 8 personaggi altrettanto odiosi costretti in uno spazio altrettanto ristretto a rincorrere e coltivare i propri odi e sospetti gli uni verso gli altri, beh, poco ci manca. Il protagonista della pellicola è John Russell (Newman) un bianco rapito dagli indiani Apache in tenera età che si è adattato ai costumi dei nativi, ha vissuto di stenti come loro, ha "mangiato cani" come loro, si sente uno di loro.
La sequenza culmine della pellicola è certamente quella finale nella baracca. L'Hombre Russell, insieme ad altri 5 passeggeri di una diligenza, è assediato da una banda di predoni che chiede di scambiare un ostaggio per il bottino. Quell'ostaggio è Audra (Barbara Rush), giovane e superba moglie dell'agente indiano Favor (March), e quel bottino è costituito dai soldi che il delegato illecitamente si intasca sottraendoli alla quota riservata al sostentamento degli indiani della riserva. L'Hombre vorrebbe sacrificare la vita della donna per restituire i soldi ai loro giusti proprietari: gli indiani. Di qui comincia un gioco di rimbalzo delle responsabilità fra i bianchi: l'audace Jessie Brown (Cilento), donna in età ma ancora piena di bollori, attacca l'Hombre per il suo immobilismo, e chiama in causa il debole e sfaccendato giovane Billy Lee, aiuto diligenza e marito che non ha saputo nemmeno soddisfare la propria moglie, Doris. Figuriamoci risolvere una crisi di questo tipo. Completa il quadro il bonario e pacioso proprietario della diligenza Mendez (Balsam) eternamente indeciso sul da farsi e con una fastidiosa tendenza a sudare in continuazione. I bianchi esprimono bei concetti, solidarizzano fra loro, deprecano l'Hombre, ma chi fa qualcosa per salvare Audra che nel frattempo sta arrostendo al sole? Nessuno. Sarà l'Hombre, il bianco rinnegato, il cane che mangia i cani, a dover salvare capra e cavoli, sia l'altera Audra che nulla ha fatto per meritarsi la pietà di Russell, sia il denaro che appartiene legittimamente agli indiani della riserva.
Western inconsueto che strizza terribilmente l'occhio alla causa indiana, Hombre è anche un film post-leoniano. Teniamo conto che negli USA erano perfettamente consci della rivoluzione che aveva apportato Leone a livello di linguaggio e tematiche. Il protagonista qui tratteggiato non è troppo dissimile dall'uomo senza nome, è solitario, inflessibile, tetragono, è del tutto insensibile al fascino femminile (cosa che lo differenzia assai dal prototipo di eroe fordiano), sa essere spietato, ed è ambiguo. Più volte nel corso dell'odissea nel deserto che precede la sequenza della baracca, l'Hombre manifesta il desiderio di lasciare i propri compagni di sventura al proprio destino; e nella stessa baracca avrebbe volentieri abbandonato Audra per tenersi il denaro. L'avrebbe mai fatto? Non ci è dato di saperlo, ci rimane il dubbio, ma già il solo fatto di averlo pensato lo pone su un piano antieroico: così freddo, così distaccato, eppure così umano, molto diverso dall'eroe classico perennemente sorridente e propenso ad aiutare incondizionatamente il prossimo. Veramente un gran western che sa mescolare abilmente introspezione psicologica e tensione narrativa.
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