Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
L'esordio del talentuoso Bertolucci prende l'abbrivio da Pasolini. Soggetto e ambientazione sono le stesse di Accattone: le borgate romane (anche se, in questo caso, intelligentemente popolate anche di calabresi e friulani); il sottoproletariato con le sue angoscie, le sue necessarie meschinità, le sue frustrate aspirazioni "borghesi", la fame, le prostitute, la disoccupazione, la violenza; l'Italia del boom vista dai margini della società. Quello che cambia, rispetto a PPP, è lo sguardo: Bertolucci si avvale delle conquiste formali della Nouvelle Vague e punta al poema visivo. Nonostante qualche scompenso di sceneggiatura (dovuto anche alla struttura rapsodica e disomogenea del racconto) e qualche incertezza registica, il giovane Bertolucci ci offre alcuni momenti di intenso lirismo e di sfrontata tenerezza (su tutti, l'episodio del soldato meridionale, che pedina le ragazze per strada e si mischia ai turisti americani nel Colosseo). La parte più debole rimane, non a caso, quella più pasoliniana: l'episodio del biondo "accattone" che viaggia su di una decapottabile in compagnia di una donna di malaffare. Macchina da presa mobilissima; montaggio libero; costruzione ardita: i voli registici di Bertolucci, contrapposti allo scarno rigore pasoliniano, non stemperano affatto il dramma sociale dei personaggi; solamente, viene meno quella disperazione ineluttabile che caratterizza la pellicola di PPP, in favore di una maggior fiducia nelle possibilità di riscatto del sottoproletariato: ecco che allora il lirismo, la poesia, il virtuosismo, l'eleganza della messinscena non significano certo un tradimento della moralità pasoliniana, quanto un suo sviluppo, un veicolo per un'autentica catarsi.
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