Regia di Giuseppe Taffarel vedi scheda film
Antonio ha una settantina d'anni, è vedovo e ha un figlio grande che vive lontano, mentre il secondogenito è morto nella Resistenza; nonostante sia ancora in salute, finisce in un ospizio. Qui trascorre sei giorni alla settimana nell'apatia, aspettando il giorno in cui ha il permesso di fare una passeggiata fino al vicino paese, per visitare la sua casa ormai abbandonata.
Cortometraggio a soggetto ambientato a Vittorio Veneto – dove il regista Giuseppe Taffarel nacque e a cui rimase sempre profondamente legato – questo Un giorno alla settimana è un'opera di una tristezza devastante, che affronta il tema degli anziani abbandonati nelle case di riposo, ma ancora autosufficienti. Lo fa con un espediente abbastanza semplice, un classico: il protagonista, il settantenne Antonio, scrive una lettera al figlio emigrato da tempo in Australia per raccontargli la sua disperazione, rimasto vedovo e privato dell'altro figlio (morto nella Resistenza) e degli amici coetanei, ormai tutti defunti. Per Antonio è troppo tardi per raggiungere il figlio e per cambiare vita in qualsiasi altro modo: tutto ciò che gli rimane è l'ospizio, come luogo in cui riparare sei giorni la settimana, e il settimo approfittare del giorno libero per vagare di nuovo per l'amato paese in cui non si riconosce purtroppo più. Diciassette minuti, a colori, con un notevole carico di pathos e una morale disperatamente realista: uno dei migliori lavori di Taffarel. 7/10.
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