AL CINEMA
Un attempato intellettuale newyorkese di nome Mort Rifkin, ex insegnante e critico di cinema, accompagna la bellissima moglie Sue, manager di un giovane, affascinante regista francese di punta, osannato dalla critica, al festival di San Sebastian, amena località marinara basca, famosa anche per il suo noto festival cinematografico.
In loco l'uomo non può fare a meno di notare come la consorte sia presa dal fascino, oltre che dal talento, del giovane cineasta, Circostanza che lo fa disertare più che può gli incontri ufficiali, circostanza che non provoca nella moglie più di tanto disappunto.
In occasione di un piccolo malore, l'uomo si imbatte nelle cure di una bellissima dottoressa del luogo, conosciuta come Jo. Tra i due nascerà un'intesa che permetterà ad entrambi di riflettere sul fallimento delle reciproche storie di coppia.
La storiella, esile esile, è sempre un po' la stessa, e contiene tutte le fissazioni a cui Allen non riesce proprio più a sottrarsi: l'amore di coppia logorato dalla noia e dal tempo, e dunque non corrisposto e tenuto in piedi come per inerzia, la passione per le donne molto più giovani rispetto a quel suo alter ego che oggi così precisamente trova identificazione nel celebre attore di teatro americano di origine ebrea Wallace Shawn, perfetto nel ruolo che solo qualche anno prima Allen si sarebbe ritagliato a propria immagine e somiglianza.
E poi le immagini da cartolina, breviario turistico di un uomo che da troppo tempo si è relegato entro un suo universo di quattro mura che ce lo restituiscono, ora più che mai, letteralmente fuori dal mondo e dal tempo, ma forse proprio per questo puro come un bimbo innocente.
Rifkin's festival per fortuna è assistito da una serie di citazioni cinefile, pertinenti con il bagaglio culturale del protagonista, che rivede le sensazioni spiacevoli ed i disagi che il suo stato di marito non amato gli butta addosso, sotto forma di una visione cinematografica abbandonata allo stile dei suoi maestri prediletti: che sono sempre quelli, ovvero gli autori della Nouvelle Vague, Fellini e Bergman.
Ed è bello, oltre che divertente, lasciarsi andare senza malizie al gioco un po' iconico, un pò civettuolo, forse persino un pò ingenuo e semplicistico, ma visivamente piuttosto azzeccato, che Allen ci propone, omaggiando i suoi registi del cuore con soluzioni che nessun altro suo collega, anche illustre, forse riuscirebbe a permettersi se non venendo distrutto.
Ormai questo è l'Allen che ci rimane, ma teniamocelo ben stretto, perché al di là della storiella quasi disarmante e sempre uguale a se stessa che ci propone ormai da anni ogni volta i capricci di una classe ricca e nullafacente tra gli agi, stupidaggini, ed i vizi che questa non riesce più a trovare minimamente appaganti, ma dei quali non riesce neppure a privarsi, si cela pur sempre un grande autore forse così fuori dalla realtà per aver trovato finalmente in questa sua dimensione astratta quell'equilibrio utile e necessario a sopravvivere al troppo accanimento mediatico di cui è stato vittima in questi ultimi decenni, proprio in relazione alle sue storie di vita personali, ai suoi amori finiti male, se non malissimo.
Valido anche se meno glamour del solito il parterre che completa il cast, con la sempre splendida Gina Gershon, pantera ancor oggi a quasi trent' anni dai suoi exploit nei sexy thriller Showgirls di Verhoeven e Bound-Torbido inganno dei (anzi delle) Wachowski, la spagnola sexy Elena Anaya, il tenebroso e un po' fasullo (nel personaggio che interpreta ovviamente) Louis Garrel, un ritrovato Steve Guttenberg ed il sempre più pingue e porcino Sergi Lopez.
Ma su tutti, spicca Christoph Waltz, che, in un ruolo fulmineo e quasi fuori tempo massimo che non svelo nei particolari di proposito in questa sede, per non rovinare la sorpresa, conferisce al piccolo film quella sferzata vitale in più che giunge davvero gradita quanto inaspettata, come una necessaria boccata d'aria in grado di portare freschezza, ironia e quel tocco da maestro arguto e brillante che Allen dimostra di non aver affatto smarrito, nonostante tutto.
Si può anzi dire senza vaneggiare troppo che codesta scena valga il "prezzo del biglietto": infatti il film di Allen è tra i primi titoli che celebrano l'attesa riapertura delle sale cinematografiche italiane dopo il travagliato calvario della pandemia.
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