Regia di Woody Allen vedi scheda film
Non tra le migliori opere del geniale regista americano, ma comunque degna d'interesse.
Mort Rifkin, alias Wallace Shawn, ennesimo alter ego di Woody, è un ex insegnante di cinema, cinico e disincantato, morbosamente legato al suo passato professionale, sta provando a scrivere anche un ‘autobiografia, ma è in una fase di “stallo”: si reca per qualche settimana a San Sebastián, in compagnia della moglie l’affascinante Sue, alias Gina Gershon, una press agent in trasferta, per curare gli interessi di un cliente, un regista francese di nome Philippe, vanesio e megalomane; tuttavia la donna che del matrimonio con Mort, è stufa, si lascia volentieri sedurre da costui. Mort che ha mangiato la foglia, lo detesta ma senza sforzarsi troppo, pigramente rassegnato. Nel frattempo però conosce una giovane e bella cardiologa Joana, che ha il volto di Elena Anaya e tutte le scuse sono buone per incontrarla ma, ha almeno trent'anni meno di lui e dunque per quanto gentile, certamente non può ricambiare l'interesse di Mort.Il quale si palleggia tra una vita diurna deludente e un’attività onirica intensa, in cui rielabora le sue ambasce attraverso il passaggio nei suoi film preferiti come : Quarto potere, Il settimo sigillo, Otto e mezzo, L’angelo sterminatore,Persona e tutti i grandi film degli anni ’60 che diventano il setting dei suoi sogni a tema cinematografico. Cosi sguazza nelle storie e nelle atmosfere dei vari Fellini, Godard, Truffaut, Bunuel, Bergman Welles, riproponendo alcune delle scene più iconiche del cinema d’autore del secolo scorso. Questo “cinema dentro il cinema”, il cosiddetto “metacinema” è uno degli aspetti più interessanti di questo film. Rifkin’s Festival ,in buona sostanza, non propone tematiche nuove, anzi ci sono gli elementi consueti del cinema di Allen, con numerosi riferimenti alla psicoanalisi, ai rapporti coniugali disfunzionali e alla satira politica, religiosa e del mondo dello showbiz. Mort proiezione di Woody, è quindi un uomo pieno di nevrosi e portatore dunque delle sue idiosincrasie e delle sue manie
Altra nota da sottolineare è l’incanto del paesaggio di San Sebastian, con alcuni scorci caratteristici, immortalati dalla fotografia calda e luminosa, curata dal maestro Vittorio Storaro, vera e propria leggenda vivente, che con Rifkin’s Festival annovera la sua quarta collaborazione con Allen.
Il film, ambientato durante un importante festival internazionale di cinema d’autore, non manca di lanciare stoccate al mondo dello spettacolo, ipocrita e posticcio e di tutti gli squallidi e coloriti personaggi che, per alcuni giorni all’anno, gravitano in questa sfera.
Nel film come detto non ci sono novità; è come se Il geniale regista newyorkese, si compiacesse di rimasticare sempre i medesimi argomenti: è una storia che resta rigorosamente nella comfort zone del suo autore. Non lo collocherei tra le opere migliori, ma la classe del maestro americano è fuori discussione.
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