Regia di Claudio Racca vedi scheda film
Decamerone antologico inedito in home video, passato raramente in televisione e visibile solo in versione ampiamente sforbiciata. Diversamente dal solito è ispirato ai testi di Honoré de Balzac. Gran cast, al servizio di una sceneggiatura poco efficace. Buona, comunque, la confezione tecnica.
1° racconto (**)
XVI° secolo. Nella tenuta di una nobile villa, dopo aver fatto un bagno rinfrescante sotto una fontana, la granduchessa (Erna Schürer) ascolta il racconto di una damigella (Marisa Solinas) sul marchese emiliano Cavalcanti (Lionel Stander), nobiluomo che da tempo "non cavalca più". Non solo lascia così insoddisfatta la più giovane e bella moglie Teofrastina (Ewa Aulin), ma non riesce nemmeno ad avere un figlio. Teofrastina allora si reca da fra Clemente, per chiedere supporto alla Provvidenza.
"Basta fare come santa Rosalina, un pediluvio alla sera e un altro alla mattina. O come la nostra patrona, santa Veneranda, che dormiva beata col ghiaccio nella mutanda".
Consigli poco pratici, se non ne giungesse un terzo: "Fare un figlio senza marito è impossibile. A meno ché non vi capitasse come a santa Alidoria: un giorno questa santa si era addormenta su un prato, ed ecco sbucare da un cespuglio un giovane soldato napoletano che, subito, le saltò addosso..."
Teofrastina inizia allora a guardare con occhi diversi un paggio napoletano dei dintorni.
L'azione si sposta quindi in casa del granduca (Aldo Giuffrè) e a un lussuoso banchetto al quale sono stati invitati un tesoriere (Umberto Raho), un cardinale e un avvocato. La granduchessa gioca loro un brutto scherzo, mettendo del purgante nelle bevande. Durante il lauto pasto, i convitati raccontano alcune novelle.
2° racconto (**)
Tintoretto (Leopoldo Trieste), un tessitore, si ritrova la bella moglie (Sylva Koscina) insediata da un compare (Giuseppe Alotta) al quale, però, la stessa gioca brutti scherzi mettendolo sempre in condizione di essere scoperto dal coniuge mentre tenta di insidiarla. Non si limita nemmeno a fargli un brutto tiro quando, mentre il marito è lontano da casa, si intrattiene con il suo amante, un prete.
3° racconto (***)
Francesco I°, re di Francia (Sergio Graziani), prigioniero dall'imperatore Carlo V°, è rispettato e ben trattato ma rinchiuso in una piccola stanza. Al suo servizio sta il visconte di Turenna (Attilio Dottesio), al quale confida che sente un irrefrenabile bisogno: vuole "ravacchiare". Inizialmente Turenna gli suggerisce di rivolgersi a "Fra Cassi da Recanati che calma gli arrapati". Francesco I° non gradisce il consiglio e chiede di convocare la cugina Margherita di Navarro, suo fidato gancio per incontrare belle donne francesi, ma il visconte gli manda "Madonna Reale" ovvero la contessa Joselita Esteban De Fierro (Femi Benussi), prostituta d'alto bordo, donna di letto di vescovi, cardinali e alti prelati, abituata - prima degli incontri notturni - a farsi assolvere dai peccati mediante bolle papali.
4° racconto (**)
Filippo (Lorenzo Piani), frate romano di buoni propositi, cerca di redimere una prostituta (Barbara Bouchet) al soldo di vescovi e monsignori. Quando però se la trova davanti, finisce per cedere al suo fascino. Tuttavia dovrà vedersela prima con due clienti giunti senza appuntamento: il vescovo di Coira (Giacomo Furia), secondo il quale "salvare l'anima di donna bòna, di notte, è solo compito del vescovo" e il cardinale di Ragusa (Lionel Stander).
5° racconto (**1/2)
L'avvocato genovese Feron (Pupo De Luca) è riuscito a sposare la bella Rosalia (Femi Benussi), convolata a nozze per matrimonio combinato. Nonostante sin da subito la sposa dichiari di volerlo cornificare, Feron tenta in ogni modo di accoppiarsi con lei. Non riuscendo a convincerla, finisce per sborsare una discreta somma per fingersi cliente, quando impara che Rosalia, diventata nel frattempo amante del re, concede la passera a pigione.
Finito di raccontare le loro storie, gli ospiti del granduca vengono lasciati liberi di "svuotare" i loro intestini nel giardino della villa...
"L'uomo continuerà nei secoli dei secoli a ridere, a bere, a mangiare, a stare nella propria camicia, senza diventare né migliore né peggiore.
Quest'anima a due zampe crederà vere sempre e solo quelle cose: che gli solleticano la passione, che gli accarezzano l'odio, che gli favoriscono l'amore; perché questa è tutta la sua logica."
(Didascalia conclusiva a firma Honoré de Balzac)
Il tuo piacere è il mio: fotobusta
Uno dei più sconosciuti decameroni il cui risultato finale, causa anche un accanimento di censura che lo ha reso quasi del tutto privo di scene erotiche e di nudi, nonostante un cast di alto profilo (Stander, Giuffrè, Raho, Bouchet, Aulin, Schürer), finisce per deludere. Claudio Racca, anche autore della sceneggiatura e tecnico della fotografia, trae ispirazione da fonte diversa (Honoré de Balzac), imposta una struttura antologica atipica (la cornice che lega i singoli episodi è inserita a partire dopo il primo racconto) e, pur non rinunciando alla canzoncina sboccata in apertura (Porco mondo) o all'insistito parlato a "doppio senso", sembra perseguire un obiettivo elevato. Basta dire che la colonna sonora, opera di Franco Bixio, offre temi liberamente ispirati ai Carmina Burana di Carl Orff. Eppure, nel complesso, Il tuo piacere è il mio ha il sapore di un'occasione perduta, essendo poco ironico e ancor meno erotico. Le singole storie hanno poi una trama incompiuta, priva di colpo di scena finale, talvolta i racconti appaiono come soggetti appena abbozzati. Una più obiettiva e precisa valutazione richiederebbe però di poterne vedere la versione originale, oggi purtroppo irreperibile essendo disponibile solo quella trasmessa su Rete 4 (1999), quindi passata sotto le forbici della Commissione di revisione cinematografica prima e della censura televisiva poi.
Il tuo piacere è il mio: Barbara Bouchet
Critica
"Prodotto dalla Naxos di Alfonso Parrinello e Paolo Prestano e diretto da Claudio Racca, fu avviato nelle riprese dal 3 luglio 1972, con interni alla Incir De Paolis, esterni a Viterbo e zone circonvicine. Si presenterebbe, se dalla possibilità all'essere non si aprisse un baratro, molto bene, poiché il cast è abbastanza di livello: Lionel Stander, Barbara Bouchet, Aldo Giuffré, Sylva Koscina, Erna Schürer, Ewa Aulin, persino il recupero di Marisa Solinas, che andava estinguendo i luminosi fuochi (La commare secca, Boccaccio '70) del decennio precedente; accanto - certo - agli specializzati Pupo De Luca e Femi Benussi; e con un bizzarro ruolo di spicco sostenuto uncredited dal grande doppiatore Sergio Graziani. Il perché del baratro è subito detto: da un lato una sceneggiatura, firmata dallo stesso Racca, che punta verso l'alto e il ricercato, richiamandosi nientemeno che a Honoré De Balzac, Les Contes Drolatiques. Dall'altro, la traduzione degli intenti in una serie di sketches smorti, talvolta persino incomprensibili, senza guizzo alcuno e senza il fulmine in coda, l'arguzia che era di prammatica anche nei decameroni meno riusciti. Oltretutto, è incerto se il film di Racca si redimesse perlomeno dal punto di vista dell'erotismo: perché l'epurazione del Ministero, quando si è trattato di liberare la pellicola dai divieti per la tv (nel 1999), dopo i massacri di una precedente operazione censoria, ha davvero fatto tabula rasa: niente pelo, pochissime tette, nessun amplesso - men che meno un accenno di masturbazione di Femi Benussi che, a giudicare dalle fotografia pubblicate all'epoca dalla stampa specializzata, raggiungeva un discreto livello di morbosità e compiacimento. Cinque sono gli episodi che si ricollegano a una cornice corposa, nella quale la signora del Granduca Erna Schürer e l'amica Marisa Solinas passano dalle abluzioni - in totale nudità, più che altro intuita - nei giardini del palazzo, a ordire un tiro birbone nei confronti dei commensali del coniuge (Aldo Giuffré), ingozzati di cacciagione farcita con una potente purga e poi trattenuti in udienza dal loro signore, mentre il ventre spasima e i cessi del palazzo sono occupati da due fantocci della Schürer e della Solinas. [...] Stringi stringi, si porta a casa poco o nulla, anche se Racca aveva probabilmente in testa di dirigere una sorta di tirata polemica contro il Potere, ecclesiastico e in senso più lato. Come è possibile che il film, il giorno 14 febbraio del 1973, sia stato respinto in prima istanza, resta abbastanza un mistero. Si additano il verismo sessuale e il linguaggio scurrile, che forse si evidenziavano nel primo montaggio. Fatto sta che il 2 aprile passa con il vm 18 e con tagli nella scena in cui la Aulin vede i due villici accoppiarsi in un prato, in quella del paggio inginocchiato a tastare le gambe della stessa attrice e durante l'illustrazione della copula tra De Luca e la Marani, oltre all'epurazione del parlare sporco in tutto il film. Una french version non risulta, ma uscì in Germania come Dein Vergnügen ist auch mein Vergnügen e andrebbe verificato se contiene qualcosa in più. Prima proiezione pubblica il 14 aprile del 1973 al cinema Eden di Ronciglione (Viterbo)."
(Davide Pulici, Michele Giordano, Manlio Gomarasca, Roger A. Fratter) [1]
"Cinque episodi licenziosi uniti da una sorta di episodio-cornice, che vede assieme la Granduchessa Erna Schürer e la sua damigella Marisa Solinas ordire una beffa ai danni dei commensali del Granduca Aldo Giuffré. A loro è stata offerta cacciagione piena di purgante che avrà effetti letali. Racconti erotici ispirati a Balzac e diretti da Claudio Racca, con un cast da decamerone alto. Femi Benussi è la «regina dei peccati di Spagna». Malgrado tutto ciò il film non ha gran nome. Per Piero Virgintini, La Gazzetta del Mezzogiorno: «Dell'opera dell'autore della Condizione Umana è rimasto solo il pretesto per ricalcare la serie decameronica con i soliti ingredienti, mariti grulli, mogli vogliose...». Quanto al regista: «Ex operatore di estrazione televisiva, Claudio Racca mette qualche cura formale in questa dozzinale, goliardica collezione...». Per il Corriere della Sera il film «è una beneficiata per tutte le attrici e attricette sexy del nostro cinema». Per il critico de La Sicilia, dell'opera di Balzac «traspare ben poco dall'economia del film, magari a causa dei numerosissimi tagli e mutilazioni subiti ad opera della censura». Le attrici, però, sono tutte «generosamente in mostra». Vietato ai minori di 18 anni. Girato a Viterbo, tra Villa Lante e Palazzo Farnese. Uscito in Germania come Dein Vergnügen ist auch mein Vergnügen. Titolo internazionale My Pleasure Is Your Pleasure. Frase di lancio: «Potrebbe capitarvi di sentirvi direttamente coinvolti in ciò che sta accadendo sullo schermo... Non eccitatevi oltre misura, è solo un'illusione ottica». Prima: 14 aprile 1973."
(Marco Giusti) [2]
Il tuo piacere è il mio: Barbara Bouchet
Visto censura [3]
Presentato in Commissione di revisione cinematografica in data 24 novembre 1972, Il tuo piacere è il mio viene bocciato per le seguenti motivazioni:
"Il regista illustra l'opera cinematografica tratta dal 'Cantes drolatiques' di H. de Balzac evidenziando come la stessa sia stata realizzata tenendo presente la tematica letteraria e senza indulgere in compiacimenti erotici. La Commissione, dopo ampia discussione, ritiene che il film, pur richiamandosi all'opera letteraria su citata, in realtà la strumentalizza al fine di rappresentare scene di accoppiamenti con evidenti finalità erotizzanti. La Commissione rileva, inoltre, che tutto il film è imperniato ad un verismo sessuale, ad un linguaggio scurrile, ed alla descrizione di situazioni indecenti con dovizia di particolari indubbiamente gratuita, in modo così crudo e reiterato da configurare certamente le previsioni in normativa di offesa al buon costume (...). A seguito delle considerazioni esposte la Commissione esprime a maggioranza parere contrario alla concessione del nulla osta di proiezione in pubblico."
Il nulla osta (n. 61824) giunge comunque in data 2 aprile 1973, con divieto di visione ai minori di 18 anni e dopo aver verificato che la produzione abbia apportato i seguenti tagli:
1) taglio della scena dell'accoppiamento tra il contadino e la contadina;
2) taglio della scena del paggio inginocchiato ai piedi della marchesina seduta sul seggio;
3) taglio della scena dell'avvocato genovese che si accoppia con la servetta sotto le lenzuola;
4) modifica del dialogo nelle sue parti più scabrose.
Metri di pellicola accertati: 2500 (91'20" a 24 fps).
Per giungere alla versione circolante, tuttavia, il film di Racca dovrà passare altre due volte in censura, venendo via via alleggerito ulteriormente. Il 27 giugno 1991 (v.c. n. 86294) ottiene un divieto ai minori di anni 14, in considerazione di non meglio specificati tagli. Il 16 febbraio 1999, con v.c. n. 93276, Il tuo piacere è il mio può circolare senza più limitazioni d'età alla visione.
NOTE
[1] "Chiavi in mano - Novelle proibite di donne svestite" (Nocturno libri), pag. 169 - 171 - 172.
[2] "Dizionario Stracult della commedia sexy" (Bloodbuster), pag. 457.
[3] Dal sito "Italia Taglia".
Il tuo piacere è il mio: Femi Benussi
"Diremo allora che il principio del piacere è una tendenza che opera al servizio di una funzione, il cui compito è di tenere l'apparato psichico completamente sgombro da eccitazione, o di mantenervi costante, o al livello più basso possibile, la quantità di eccitazione stessa."
(Sigmund Freud)
F.P. 16/09/2023 - Versione visionata in lingua italiana - Prima TV del 17 luglio 1999 (durata: 84'30")
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