Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Dite quello che volete, Mike Flanagan è un grande e Doctor Sleep è un signor film.
Chapter One: spiritato, spiritico, da bollenti spiriti...
Ebbene, brevissimo salto indietro nel tempo, non tanto siderale in quanto salteremo semplicemente di pochissimo a ritroso. Uomini, malati di ritrosia verso gli horror, non siate arretrati. Guardate avanti, cioè espandete i vostri orizzonti, mentali e non, limitati, e non circostanziatevi nel passato. Ah ah. Anchilosandovi in pareti anguste e stagne paratie soffocanti il libero pensiero volante e sognante, eh eh.
Non esiste solo Luchino Visconti, bensì anche il sig. Mike Flanagan. Oramai specializzatosi in esclusive trasposizioni cinematografiche assai ardite, oserei dire, di sinonimo paritetico e di significato identico, spericolate nei riguardi di alcune opere magistrali del maestro del brivido per eccellenza, ovvero Stephen King. Realizzando pellicole forse non eccellenti eppur, comunque sia, se non sopraffine, decisamente interessanti, intrise di morbosità peculiare già ascritta alla sua poetica autoriale. Eh già, in quanto Flanagan non è affatto, credetemi, un cosiddetto mestierante o un anonimo principiante, bensì, se non un principe della settima arte, perlomeno un grande adattatore per l’appunto del King. Dunque, non è reo di aver adattato male alcune novelle dell’autore di It, quest’ultima invece trasposta, per il grande schermo, forse in maniera pedestre, dal sopravvalutato Andy Muschietti. Uno che, anziché far il regista, dovrebbe stare, anzi stazionare e “stagionare”, seduta stante e vita natural durante, nel presepio delle belle statuine assieme a dell’arido muschio ammuffito e maleodorante.
Vedo invece della luccicanza in Flanagan. Non sempre lui però vede giusto e azzecca perfettamente ciò che, dalla pagina scritta di natura kinghiana, visualizza nelle sue immagini filmiche. Ma non è un poco di buono e tale Doctor Sleep è invece molto buono. Così sia scritto, così sia fatto, è un film di siffatta eleganza e sa spaventare nella maniera giusta, senz’eccedere in truculenze non necessarie e ripugnanti. Un film che forse non entrerà nella storia del Cinema e non sarà tramandato ai posteri ma possiede persino, anzi, può vantare ed esibire un ottimo poster, evocativo, oserei dire sibillino e cripticamente sinistro.
Scusate, ho appena delle stronzate scrittovi. Perdonatemi. Procediamo... e non perdiamoci in incubi e mostruosità di giochi lessicali che, per quanto, ottimamente espostivi e qui vergativi forse in modo goliardico o sanamente prosaico, lasciano il tempo che trovano.
Basta dunque coi calembour, questo film presenta poche scene gore e Al Gore, molti anni fa, appena dopo la caduta delle Torri Gemelle, perse le statunitensi elezioni presidenziali, sconfitto ai punti dal figlio di George H. W. Bush, cioè George W. Bush. Mentre, voi sapete come si chiami il figlio di Barbara Bouchet?
Forse Barbaro Buscetta? Ragazzo barbarico un po’ cretinetti?
Dai, suvvia, sto cazzeggiando.
Infatti, ultimamente debbo avere espanso così tanto la mia percezione della realtà, tutte le regole esistenziali vincendo e gigantescamente soverchiando, da aver oltrepassato ampiamente la soglia della normalità lecita...
Vivaddio, la normalità è aberrante e a volte è sano isolarsi a mo’ di Jack Torrance di Shining. Anche perché, se innatamente s’è dotati del dono della luccicanza, è impossibile impazzire malgrado le sfavorevoli (circo)stanze d’una vita che può indubbiamente, lungo il suo cammino, non solo col triciclo di Danny Lloyd, per i suoi neri e sanguinolenti corridoi e i suoi spaventevoli, lugubri anfratti raccapriccianti, dicevo... ah, vedete? Mi son perso lungo i ricordi dedalici del mio labirintico rimembrare l’appena citatovi film di Kubrick.
Kubrick fu anche viscontiano e visionario ma non realizzò Ludwig, per quanto il suo Alex di Arancia meccanica amasse alla follia, e che follia, ah ah, Ludwig... van Beethoven.
Domani sarà l’Epifania che tutte le feste porta via. Mentre la Befana porta la calza e le preferisco le calze a rete di una bella fi... a, forse come Ferguson Rebecca. Ammazza quanta roba!
In tale film, una sorta di strega dagli occhi ipnotici o una sorca che ti strega con occhi spiritati? Mah...
Un tempo, persi la testa per la bionda speaker radiofonica Rosaria Renna. Parlo di tempi oramai perduti della mia pubertà. Sì, ciò avvenne subito dopo il periodo “natalizio”, oserei dire infantile in cui ancora credi e credetti, come tutti i bambini, a Babbo Natale che ti porta i regali con le renne, mie (p)o(r)chette.
Io drizzai, no, rizzai subito... cosa? Le antenne, no? Infatti, nonostante il gelo invernale e le fortissime precipitazioni di neve, similmente comparabili a quelle che rivestirono di bianco l’Overlook Hotel, il mio televisore funzionò benissimo, anche qualcos’altro, e altresì capii immediatamente, guardando, per la prima volta in vita mia, Shining su Italia 1, che Shelley Duvall era molto racchia quasi quanto la Befana.
Detto ciò, il 6 gennaio, si smantella l’alberello di Natale e anche il presepe ove forse c’è il Muschietti.
Dicevo... Alex/McDowell idolatrò Beethoven, mentre la figlia della mia ex vicina di casa amava passare le settimane bianche all’Abetone. L’abete, la gente che va in chiesa e presenzia a una messa tenuta semmai da un abate. Gente ebete. Dicevo... All’epoca, oltre alle renne, no, a Rosaria Renna, mi piacque molto anche un’altra bionda, cioè Ramona Dell’Abate, ex presentatrice di Giochi senza frontiere.
Ecco, so che quanto da me appena scritto, eh eh, vi posson sembrare aneddoti di poco conto. Fatevi i cavoli vostri.
Ebbene, dopo essersi cimentato con una mission: impossible assieme a Tom Cruise e la Ferguson, no, a un’impossibile missione, cioè trasferire sul grande schermo Il gioco di Gerald, escogitando stratagemmi e dilatando a piacimento la storia originaria e letteraria del King nostro amato, il Flanagan si diede, nel 2019, a qualcosa, se possibile, d’ancor più incredibile. Ovvero, realizzare il sequel d’un film intoccabile.
Scegliendo me come protagonista. Sì, è vero. Recatevi su Facebook, cercate fra i miei album migliori una mia foto, guardatemi negli occhi e scoprirete che sono uguale a Ewan McGregor, specialmente quello di Big Fish. Ah ah. Non abboccherete, pescioloni, mica a una cosa del genere, nevvero? Comunque, è inverno e invero è così. Per quanto mi riguarda, attualmente sono ateo. Poco prima di morire, diverrò cristiano... non si sa mai, difatti... Meglio pararsi il sedere prima della dipartita. Non credo nell’aldilà ma, ripeto, se veramente dovesse esistere, mi presenterò a dio con la stessa faccia di bronzo di Woody Allen di Harry a pezzi e di Larry David di Basta che funzioni.
Targato dalla stessa major finanziatrice d’ogni opera del Kubrick, Doctor Sleep non è forse bello ed eccitante alla pari d’una donna sexy come Rebecca che, togliendosi dinanzi a te gli slip, non ti fa venir sonno ma ti fa venire subito, eppur spinge...
Un film duro, cazzuto, ca... o. Un film che dura anche due ore e mezza. Cioè quasi quanto il cantante Sting, a letto di amplesso interminabile, con la moglie Trudie Styler, la protagonista di Mamba. Sciocchezza immane firmata dal nostrano Mario Orfini. Eh Mambo, mambo italiano, eh Mambo!
Sì, a detta dello sticc... io, no, di Sting, lui durerebbe circa dieci orge, no, ore, prima di avere un orgasmo con la moglie. Sai che palle. Le possibilità sono dunque due: o la moglie s’è imbruttita, dai tempi di Mamba, come la Befana, oppure Sting passa sette ore e mezza di preliminari, cantandole tutte le sue canzoni d’amore. Roba che ammoscerebbe chiunque, fidatevi.
A me Sting ha sempre rotto i co... ni. Sdolcinato e cascamorto come pochi. Roba per femminucce in cerca della loro versione maschile di Marie Fredriksson dei Roxette.
Di mio, so che amo il rossetto delle donne e loro amano il mio bianchetto... sono molto dotato a livello orale-canarino assai carino, no, canoro, sì, le donne con me cantano meglio di Maria Callas. Ed è tutto un (di)letto.
Chapter Two: facciamo i seri e rifacciamo gli occhi su Rebecca anche perché, parimenti alla Ferguson, McGregor ha due occhi magnetici, oserei dire à la Falotico...
Sì, non fa l’ottico, lei? O, così come dicono i bifolchi che fanno battute terribili, nel 2022... la Ferguson farebbe la fortuna degli oculisti!
Basta, davvero! Finiamola con queste battone, no, battute scontatissime più del mio odiatore su YouTube che mi vorrebbe provocare con frasi penose, lui crede “cattive”, che nemmeno i boomer di 70 anni scrivono oramai più.
Ah, le mie iridi, roba che Chris Walken de La zona morta, altra trasposizione kinghiana non kubrickiana né flanaghiana, c’appare come un fenomeno da baraccone. Infatti lo è, eh eh.
Sì, un Falò con gli occhi in stato catatonico su effetto Valium è qualcosa che ipnotizza lo sguardo di chi lo guarda. Il quale, nel frattempo, sta pensando: questo è pazzo come Jack Nicholson di Shining, sta recitando la parte del matto meglio di Alda Merini, cioè la nemesi, tranne nel fisico, di Kathy Bates di Misery non deve morire o è figlio di Dolores Claiborne, alias Norman Bates/Anthony Perkins di Psyc(h)o, no, sempre della Bates de L’ultima eclissi di Taylor Hackford?
A parte gli scherzi, sono un grande scrittore come James Caan del film di Reiner poc’anzi dettovi.
E posseggo degli occhi belli. Sì, neri. Praticamente le mie iridi non si vedono. Ah ah.
Dunque, come si può vedere se ho gli occhi? Sembrano quelli di un cieco. No, gli occhi dei ciechi hanno le iridi glauche. Le mie tendono al castano più scuro di Denzel Washington.
Ho molti haters che vorrebbero spezzarmi le gambe e amputarmi le mani, soprattutto quando, fra un mio scritto e l’altro, do di matto, no, smanetto, sì, vi do di mano birichina sulla Ferguson in bikini di una scena oramai cult in cui esce tutta bagnata dalla piscina. Poi, stringe la mano a Tom Cruise e si bagna ancora di più. Ah ah.
A proposito di Visconti Luchino, uno dei suoi attori feticcio fu Alain Delon. Protagonista assieme per l’appunto alla sua ex, vale a dire Romy Schneider, del film La Piscine. Film nel quale vi fu anche Jane Birkin... e ho detto tutto.
Sì, la Ferguson, la Schneider che fu con l’aggiunta della madre di Charlotte Gainsbourg sono donne che resusciterebbero pure i mezzi zombi presenti in questo Doctor Sleep.
In questo film, vi è infatti anche Cliff Curtis, colui che, in Bringing Out the Dead, ospitò Nic Cage nella sua oasi felice. Sì, a base di cocaina.
Qui, trova una casina al personaggio incarnato da Ewan. Poi si lascia tranquillamente fottere. Anzi, si suicida prima di essere fottuto.
Dalla Ferguson/Rose Cilindro? No, da una congrega di stronzi e debosciati assai zombeschi che credono di essere dotati... di poteri paranormali.
Doctor Sleep invece è stato distrutto e segato... dalla cosiddetta Critica.
Invece, tolta la parte centrale, in linea col titolo del film, sì, soporifera più d’un sonnifero Trittico, psicofarmaco consigliato anche per i disturbi d’ansia delle persone normali, affette da troppo stress quotidiano cagionato loro dall’essere degli ilici, cioè persone malate di invidia, gelosia e competitività malsana, Doctor Sleep è un ottimo seguito. Non un dittico, attenzione.
Dopo l’inizio, in cui Flanagan dimostra che Kubrick non era un genio, bensì possedette una rivoluzionaria steadicam e un direttore della fotografia di nome John Alcott, cioè mica colui che mi scattò le foto della Prima Comunione in cui sembrai, più che Danny Lloyd, Christopher Lloyd di un altro film con Nicholson, cioè Qualcuno volò sul nido del cuculo, il film perde un po’ la bussola dopo la prima ora ma, grazie a un colpo di genio da Lloyd/Doc (da non confondere col d.o.c., acronimo di disturbo ossessivo-compulsivo) di Ritorno al futuro, riesce a ricreare le atmosfere suggestive di Shining grazie a una ricostruzione scenografica che fa paura.
Dovete sapere che, in condizioni di terribile isolamento, si può perdere la testa come Jack Nicholson di Shining.
Liberi invece da persone orche come Jack Torrance, infatti Shining è una metafora di Sbirulino, no, della favola nera di Pollicino, frequentando quelle piene di vita e non le vecchie befane della camera 237 di Doctor Sleep, cioè le professoresse dei licei classici e del DAMS, donne veramente brutte, anche nell’anima, ecco che Stefano Falotico divenne uguale a Jack Nicholson.
Sì, è stempiato come lui, ha quasi la sua stessa età ai tempi di Shining ed è talmente gigantesco che riesce a interpretare la parte del matto così bene, così come anche in Qualcosa è cambiato, da far credere alle persone di esserlo davvero.
Così, facendo pena alla gente, tutti per compassione gli offrono da bere.
E non deve mai pagare al bar.
Voglio comunque continuare a donarvi sane risate.
Circa dieci anni fa, mi ricoverarono in ospedale psichiatrico.
Gli infermieri, per l’appunto, pensandomi matto, trovandomi io peraltro fra i matti, a mo’ di presa pel culo mi chiedevano sempre al mio risveglio:
- Sig. Falotico, ha dormito bene nella suite di tale hotel a 5 stelle? Ah ah ah.
La mia risposta li devastò. Loro sempre son in manicomio. Così come allora, d’altronde. Peccato che adesso siano diventati i pazienti. Sì, certo.
Questa fu la mia risposta:
- Fra un mese mi dimettono mentre voi, non trovando un lavoro migliore, non essendo dei geni come Kubrick, passerete tutte le giornate fra i matti.
Alla fine, non capirete più se i matti sono i matti veri o lo siete voi. Anche perché, nella vostra vita da dementi, non vi siete mai posti una domanda importantissima, cioè la seguente: come mai ci troviamo a fare gli infermieri d’un manicomio quando potevamo starcene stravaccati sul divano, non dell’Overlook Hotel e a mo’ di Scatman Crothers/Dick Hallorann, bensì a mo(n)do di uno come il Falò che può guardare, quando vuole, Shining e anche Doctor Sleep, uscendo quando gli pare e piace?
I due infermieri si guardarono negli occhi e si dissero:
- Perché onestamente non abbiamo mai studiato molto. Per fare gli infermieri, bastava una specializzazione ridicola.
Ecco, nel 2022, direi e chiederei inoltre loro: - Per questo motivo, il Covid non è stato ancora sconfitto?
Chapter Three: c’è una ragione se due registi apparentemente agli antipodi, quali Kubrick & Steven Spielberg, erano in realtà due grandi amici
Da molto tempo, circola una voce, non so se sia una leggenda metropolitana oppure no.
Pare, stando a queste dicerie, vere o false che siano, che Kubrick, dopo aver visto Schindler’s List, telefonò molto arrabbiato a Steven:
- Che razza di Shoah è mai questa? Una shoah con un bianco e nero patinato ove non si vedono le camere a gas? È un film edulcorato.
In verità, Kubrick era molto invidioso di Spielbeg e pianse a dirotto per tutta la visione di Schindler’s List.
Perché è un capolavoro.
Altrimenti, Kubrick non avrebbe mai permesso a Spielberg di leggere in anteprima la sua sceneggiatura di A.I.
E Ready Player One omaggia Shining, infatti.
Dunque, ragazzi, se durante il vostro percorso, non riabilitativo e neppure all’Overlook Hotel, dovreste incontrare degli orchi cattivi, se qualche lupo malvagio vorrà sbranarvi, chiamate me. Un Falotico in piena forma mette veramente i brividi anche a uno alto due metri e dieci e con tre lauree ad Oxford, a Cambridge e alla Bocconi di vostra sorella. Mi basta osservarlo negli occhi e annientarlo, in quanto vedo la sua anima e dinanzi a me è psicologicamente nudo se è altresì, in cuor suo, un bastardo figlio di puttana.
Sapete, per molto tempo pensai davvero di essere pazzo. Da un po’ di tempo invece a questa parte, troppe cose (non) mi tornano, purtroppo o per fortuna. Predissi, tre giorni prima della sua morte, che Ayrton Senna sarebbe morto al circuito di Imola. La sera prima della morte di un mio amico, mi svegliai a tarda notte con un orribile presentimento. E, soprattutto, voi conoscete un’altra persona al mondo che sentì scoccare la scintilla del suo cuore a miglia di distanza soltanto dopo un messaggio WhatsApp all’apparenza insignificante e comprese che era la sua donna ideale? Infatti, così è stato. Di solito, non è così preveggente... la cosa.
Ecco, domani, cioè oramai oggi (ah, scusate, è già la Befana), intendo farmi un giro per l’appunto in quel dell’imolese. Può darsi che, nel viaggio, un camion possa travolgermi e io cadrò in coma, se mi andrà fatta bene, come Walken de La zona morta. Oppure potrei addirittura morire. Ma non avrei rimpianti. Gli ultimi miei due anni di vita sono stati entusiasmanti. Come mai? Allora, se siete arrivati sino a questo punto della lettura, non avete però letto tanto bene, eh? Ho finalmente capito che devo frequentare la gente che mi vuole bene, con cui ridere e scherzare, non gente che ti rimprovera perché ti vorrebbe “genio” come Kubrick. Io sono io, tu sei tu. E poi diciamocela, Kubrick era un misantropo. Anche un po’ handicappato, secondo me.
Si dedicò solo all’arte perché non sapeva guidare come Ayrton Senna. A mio avviso, non sapeva neanche andare sul triciclo. Dunque, era pessimista sull’umanità perché era un incapace.
Be’, forse qui ho un po’ esagerato. Ma il finale di Doctor Sleep la dice lunga... così come quando Danny/McGregor dice alla bambina, a mo’ forse di Kubrick con Spielberg: - Quando io e te ci siamo conosciuti, ti ho detto che dovevi nasconderti, che dovevi tenere la testa bassa, non mostrare la luccicanza. Ma mi sbagliavo. Luccica... continua a luccicare.
di Stefano Falotico
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