La verità
è che ti fa paura
l'idea di scomparire
l'idea che tutto quello a cui ti aggrappi
prima o poi dovrà finire
La verità
è che non vuoi cambiare,
che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
a cui non credi neanche più...
Queste parole della splendida canzone di Brunori Sas che chiude Odio l'estate sono la chiave di lettura dell’ultima fatica cinematografica di Aldo, Giovanni & Giacomo.
Il Trio, infatti, fa un'ammissione di colpa, compie un esercizio di umiltà e parla ai fan storici, ustionati dalle numerose delusioni dell'ultimo decennio, in cui si è salvato solo La banda dei Babbi Natale (2010).
Con questo film è come se avessero voluto dire: "Noi siamo questi. Siamo quelli della comicità on the road, di Tafazzi, degli svizzeri, della peperonata, della Subaru Baracca, di Sforza, del Garpez, dell'acqua gassata a garganelle, di Dracula, del leone e della gazzella, del professor Alzheimer etc. Ci avete amato per questo. Ma noi, nonostante lo scorrere degli anni, solo questo sappiamo darvi. Non siamo stati in grado di fare qualcosa di diverso in maniera convincente. Ci abbiamo provato ma abbiamo sempre fallito. Ci dispiace, ma noi questi siamo. Questo sappiamo fare, anche se è roba vecchia di più di 15 anni e se i tempi comici non sono più brillanti come un tempo. Se potete, cercate di apprezzare i pochi tocchi di originalità di quest'ultimo film che tenta, nonostante tutto, di lanciare un messaggio diverso dal solito. Ma capiteci. Ci fa paura l'idea di scomparire e di perdere il vostro affetto compromesso negli ultimi anni, l'idea che tutto quello a cui ci siamo sempre aggrappati prima o poi dovrà finire. Non sappiamo rinunciare a quelle quattro/cinque cose a cui, forse, non crediamo nemmeno più".
Odio l'estate è una sorta di eredità artistica di AGG. Fare peggio di Il ricco, il povero e il maggiordomo (2014) e di Fuga da Reuma Park (2016) era impossibile. Odio l'estate quantomeno si lascia guardare. Ma il vero dramma è che non si ride. Mai. Si sorride a stento. E la storia narrata è di una noia mortale, totalmente sovrapponibile a qualsiasi altra mediocre commedia italiana degli ultimi vent'anni.
Quando lo vidi in sala, un anno fa ormai, provai tenerezza. Il tentativo di proporre qualcosa di diverso si vede ma naufraga miseramente in una stanca riproposizione degli antichi cavalli di battaglia, gli stessi che i fan, per tutti gli anni Dieci, hanno invitato a prendere come ispirazione. Basta farsi un giro su YouTube e, tra i commenti, si trovano, negli ultimi dieci anni, migliaia di inviti a "tornare i grandi comici di un tempo e non la tristezza demenziale di oggi". Il risultato finale è una commedia che si dispiega in maniera forzata, non naturale e che, al contempo, non fa nemmeno ridere. Insomma, una palla, se mi si consente il francesismo.
Senza parlare di alcuni dettagli che, ad una seconda visione, me lo hanno fatto scadere ancora di più.
Innanzitutto, si avverte un totale disallineamento tra le mogli dei tre. La tanto decantata da critica e pubblico Maria Di Biase (che interpreta la moglie di Aldo) risalta non perché effettivamente offra un'interpretazione clamorosa, ma soprattutto perché le venga riservata un'importanza - anche a livello di minuti in scena - non paragonabile a quella di Lucia Mascino (che interpreta la moglie di Giacomo) e soprattutto di Carlotta Natoli (che interpreta la moglie di Giovanni, quasi del tutto secondaria).
In secondo luogo, il personaggio di Michele Placido è un rimando zaloneggiante di cui francamente non si sentiva il bisogno e, al di là di qualche battuta che strappa al massimo un sorriso, lascia il tempo che trova.
La love story tra il figlio di Aldo (Davide Calgaro) e la figlia di Giovanni (Sabrina Martina) nasce per il sol fatto che i due siano coetanei ed è anche questa abbastanza buttata lì (oltre ad avere quell'odioso sapore di 'già visto' in altrettanti prodotti cinematografici e televisivi italiani, quasi sempre mediocri).
Ma la cosa veramente incomprensibile è l'episodio dell'ex compagno di classe di Giovanni, interpretato da Roberto Citran: già in sala in prima visione mi era sembrato un qualcosa di superfluo buttato lì tanto per. E, ad un'attenta seconda visione, posso confermare il giudizio: non aggiunge né toglie nulla né alla trama in generale né al personaggio stesso di Giovanni né in termini di mera comicità da intrattenimento. Si era capito sin dalla prima inquadratura che il negozio di scarpe di nicchia della famiglia Storti non se la passasse bene economicamente: perché insistere su quest'aspetto tirando fuori una vecchia storia adolescenziale del personaggio che non aggiunge né toglie nulla? Ho quasi la tentazione che sia stato un episodio cosiddetto "filler" per fare minutaggio.......
Inoltre, tanti dispiegamenti narrativi (dal cane smarrito al litigio a cena con relativa fuga del figlio di Giacomo) mi sono sembrati forzati, non naturali. Non sono funzionali né alla risata (ci sono tanti giri a vuoto) né ad una riflessione seria e profonda sui rapporti genitori-figli e moglie-marito che, spesso, risultano "la copia di mille riassunti" cit.
Il colpo di scena finale, per quanto abbia perfettamente senso per come è stato costruito il personaggio di Aldo sin dalla prima scena, mi è sembrato un tentativo di fare qualcosa di diverso solo per il gusto di farlo: è tutto molto retorico e stereotipato, non c’è qualcosa di profondo, è, appunto, la copia di mille riassunti in stile “Le difficoltà si superano meglio insieme che da soli sforzandosi di godere del presente, l’unico tempo che veramente ci appartiene“: ma va?
Il punto nodale è proprio questo: non c'è profondità in Odio l'estate. È una mediocre commedia italiana piatta, scontata e velatamente retorica come ne sono state fatte tante. La scena più bella è ...... l'omaggio di una scena cult della loro filmografia: ed è molto grave che sia stato, per me, il momento più divertente ed emozionante di 100 e passa minuti.
L’unico aspetto qualitativamente all’altezza del grande passato del Trio sono le musiche: meritano di essere promosse a pieni voti.
Il punto è che i loro film funzionavano anche perché contestualizzati ad un periodo storico ormai finito da tempo. Non sono solo loro ad essere cambiati, lo siamo anche tutti noi. Quanto è cambiato il mondo in questi anni? Quanto è cambiato lo spettatore medio italiano? Quanto è cambiato il fan storico? In tutti questi anni, quanto siamo cambiati tutti quanti? Penso sia fisiologico che una cosa che andasse alla grande anni fa ora funzioni meno se riproposta in maniera pressoché identica. Cercare di riportare quella comicità (le autocitazioni si sprecano, ne ho contate 12 ad essere buoni: per 102 minuti di durata, è una media di 1 autocitazione ogni 9 minuti circa) e quel clima oggi produce ancora più malinconia, la stessa che provai in sala ormai un anno fa.
C'è un tempo per tutto e, forse, dovremmo davvero prendere in considerazione l'idea che Aldo, Giovanni & Giacomo appartengano al passato. Un glorioso passato, va riconosciuto, ma pur sempre lontano dalla realtà odierna.
Non so se mi faccia più male vederli sprofondare nel ridicolo di una totalmente non riuscita comicità demenziale in stile Fuga da Reuma Park o vederli arrampicarsi sugli specchi mediante autocitazioni continue e riflessioni seriosamente retoriche da serie tv italica di serie B.
Ciononostante, un 'grazie' per tutto ciò che hanno fatto non potrà mai essere negato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta