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Odio l'estate

Regia di Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Massimo Venier vedi scheda film

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La recensione su Odio l'estate

di Gangs 87
5 stelle

C’è stato un tempo in cui a dirigere i film di Aldo, Giovanni e Giacomo era Massimo Venier, insieme a loro ovviamente; questo dai loro esordi nella settima arte fino a Tu la conosci Claudia? compreso, ininterrottamente, se non contiamo il caso di Tutti gli uomini del deficiente, in cui i tre si limitano ad essere attori.

 

Poi però la compagnia si scioglie e il trio si affida, per i film successivi, ai registi più svariati lasciando loro stessi la regia dei film di cui continuano ad essere gli sceneggiatori e affidandosi a Brachetti (si, si proprio lui, il trasformista), Marcello Cesena o Paolo Genovese (forse La banda dei babbi natale è l’unico film del post Venier degno di nota) senza però mai riuscire a trovare lo stesso entusiasmo e la medesima allegria che riuscivano a trasmettere nelle pellicole precedenti, di cui queste sembrano essere solo un’ombra nemmeno tanto nitida. Neanche il sodalizio con Morgan Bertacca con cui firmano la regia delle ultime due pellicole, sembra riportarli ai fasti dei primi tempi, nonostante si intraveda qualcosa di sicuramente meglio rispetto a prima.

 

In quest’ultimo film alla regia torna lui, il Massimo Venier ambito per anni, cercato come l’acqua nel deserto dai fans del trio che speravano in un ritorno alle origini che però non c’è stato. O almeno, sicuramente il film ultimo del trio (tornato insieme dopo una crisi sembrerebbe passeggera) in parte possiede la freschezza delle prime pellicole, a cui si ispira riportando in auge scene memorabili (vedi la partita in spiaggia) ma non possiede il carisma e l’originalità delle storie precedenti.

 

Simpatica l’idea di portare al cinema, nel periodo natalizio, un film ambientato in estate rendendo così originale, in un modo sicuramente mai pensato, l’idea del cine-panettone. Un po’ meno l’idea di introdurre una triade femminile che, seppur interpretata da attrici di un certo spessore, non riescono mai a duettare con i compagni d’avventura che risucchiano l’attenzione perennemente, finendo solo per essere uno dei tanti personaggi gettati nel calderone (Michele Placido è l’esempio più palese) di una sceneggiatura ancora una volta pensata per focalizzare l’attenzione sui tre attori. Forse con una revisione dei ruoli e con una concentrazione maggiore sui tre protagonisti (come di base sembra essere) il film sarebbe stato più scorrevole di quello che appare.

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