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L'immensità della notte

Regia di Andrew Patterson vedi scheda film

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La recensione su L'immensità della notte

di pazuzu
5 stelle

Il film di Patterson patisce alla lunga la propria eccessiva staticità, essendo, in massima parte, i progressi stessi della trama legati esclusivamente a un paio di spiegoni interminabili.

 

 

The Vast of Night si apre con un'inquadratura fissa su un vecchio televisore in bianco e nero: a scorrere sono i titoli di testa, cui seguono le prime immagini - sempre in bianco e nero e con la grana grossissima propria delle pellicole usurate dal tempo - fino al loro dissolversi nel film vero e proprio. È con questo curioso artificio (che si ripeterà con i titoli di coda e qualche altra scena sparsa qua e là) che il regista, Andrew Patterson, dichiara la natura della propria opera prima, quella di omaggio, adorante e sentito, al cinema di fantascienza degli anni '50. La storia narrata, d'altronde, riprende quelli che erano i cliché degli sci-fi dell'epoca, ovvero la paura dell'alieno ed il mistero legato alla forma nella quale si intendeva presentarlo, da leggere nemmeno troppo velatamente come metafora della guerra fredda e della 'minaccia' sovietica.

 

 

Ambientato nella piccola Cayuga, nel New Mexico, The Vast of Night è incentrato sul Everett e Fay, il dj di una stazione locale e una centralinista che, in una notte nella quale la luce stranamente va e viene, e mentre tutti gli abitanti sono concentrati nella palestra del liceo locale per un incontro di basket, scoprono l'esistenza di una strana frequenza che oscura i segnali radio e sembra avere a che fare con quegli sbalzi di corrente. Indagando sulle origini del fenomeno, giungono a una spiegazione che cambierà per sempre le loro vite.

 

 

A dispetto del romanticismo nostalgico di fondo dell'operazione, delle tante buone intenzioni, e di un'atmosfera notturna comunque ben resa e sufficientemente tesa, il film di Patterson patisce alla lunga la propria eccessiva staticità, essendo, in massima parte, i progressi stessi della trama legati esclusivamente a un paio di spiegoni interminabili. C'è un piano sequenza, nel corso del film, durante il quale un drone parte dal posto di lavoro di Fay, si addentra nella palestra nel corso della partita per poi terminare il proprio viaggio nello studio dal quale Everett trasmette: sono questi i (circa) tre minuti più dinamici e interessanti di un film che, al di là di questo svolazzo, si appiattisce pigramente su quel paio di dialoghi che sono poi quasi monologhi, limitandosi a sostenerli con un (comunque valido) commento sonoro, dando per i lunghi tratti interessati la sensazione di avere a che fare non tanto con un film quanto piuttosto con una sorta di audiolibro illustrato, e senza riuscire poi a rialzarsi più, anzi arrancando senza fiato verso un finale fiacco e scontato.

 

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