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L'aldilà! E tu vivrai nel terrore

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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La recensione su L'aldilà! E tu vivrai nel terrore

di Antisistema
8 stelle

"E ora affronterai il mare delle tenebre, e ciò che in esso vi è di esplorabile"

 

Lucio Fulci nell'arco della sua carriera ha sperimentato tutti i generi possibili, ma verso la fine degli anni 70', si avvicinò all'horror puro che lo consacrò con l'appellativo di Godfather of gore, oppure di Poeta del macabro, definizione quest'ultima datagli da certa critica francese e decisamente più interessante. Con la trilogia dei morti viventi ad inizio anni 80', Fulci secondo la critica revisionista di genere che lo rivaluto' nel corso degli anni 90', tocca l'apice del suo cinema, considerazione che sento di condividere seppur estenda il periodo migliore del regista dal 1966 fino appunto all'inizio degli anni 80'. Affascinante già dal titolo ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà (1981), Fulci gira uno dei più grandi horror di sempre (in verità il genere è molto povero di vette), girando un ottima pellicola con un budget ridicolo di appena 250 milioni di lire, dirgendo il suo film più radicale, spazzando via ogni residuo di logica, abbandonandosi totalmente al proprio estro visionario tramite l'uso della macchina a mano, gli zoom, i primi piani e una composizione cromatica allucinata, scaraventando lo spettatore in un'esperienza di puro terrore senza appigli razionali e senza una via di scampo "reale" per i nostri protagonisti. Come ogni film della trilogia, tutto è esagerato, partendo sin dal prologo color seppia ambientato nel 1927 in Louisiana, in cui assistiamo all'esecuzione del pittore Zweick in una camera d'albergo, da parte della popolazione inferocista, che lo crede uno stregone e per questo lo crocifigge, lo tortura e gli sparge addosso della calce viva. Tale albergo, oramai fatiscente e degradato, verrà acquisito in eredità nel 1981 da una ragazza di New York, Liza (Catriona MacColl), decisa a ristrutturarlo per guadagnarci qualcosa, totalmente ignara che il posto sorge su una delle sette porte dell'inferno, da cui esce il male, dando il via ad una serie di incidenti e vicende irrazionali tramite numerosi apparizioni di spettri che porteranno una lunga scia di morti.

 

 

L'Aldilà, si segnala per la commissione continua tra scene splatter e sanguinolente, fortemente spinte sul gore con una impalcatura narrativa totalmente anarchica sospensa in una dimensione onirica, come lo stradone sospeso sul di un lago, dove Liza percorrendolo in macchina vede Emily (Cinzia Monteale), una ragazza cieca con un pastore tedesco, dall'aria misteriosa che sembra voler mettere in guardia Liza dalla pericolosità del luogo, invitandola ad andare via al più presto.

Fulci ad un'atmosfera onirica ed allucinata, valorizzata dall'ottima fotografia di Sergio Salvati, contrappone un orrore molto fisico e fortemente disturbante, non si contano le scene iper-sanguinose e violente, cominciando dal prologo già citato, al volto sciolto dall'acido, al chiodo piantato nella testa di una donna da cui fuoriesce l'occhio sino ai ragni che divorano inniettando del veleno, l'architetto che cercava la pianta dell'albergo negli archivi comunali; sono scene fortemente macabre, alcune come quelle dei ragni molto disturbanti e disgustose anche oggi, ma Fulci più che una violenza splatter meramente fine a sé stessa per appagare i fan del genere, sembra cercare l'effetto shock nello spettatore tramite un orrore viscerale spinto così all'eccesso da diventare un'astrazione irrazionale, in cui la logica narrativa si scompone sempre di più dopo il prologo iniziale, sino a sfociare nelle battute finali in una fusione spazio-temporale, dove la dimensione del paese in cui si svolge la vicenda si lega con quella metafisica dell'inferno, una rappresentazione agghiacciante e non sostenibile alla vista (ne' tantomeno concepibile dalla mente umana), perché l'essere umano è incapace di accettare il vuoto infinito che deriva dall'immensità del terrore generato dall'aldila', un luogo fuori dal tempo in cui auto-nascondersi dal vero incubo rappresentato dalla realtà.

Spiace che il regista abbia avuto pochi soldi, i quei sarebbero stati utili per dare una mano maggiore dal punto di vista tecnico e per certe imposizioni produttive come la sequenza degli zombi in ospedale imposta al regista, che oltre ad essere tirata troppo per le lunghe, poco si lega con l'odea di orrore cercata dal regista nel film.

Ottimo incasso di 750 milioni di lire qui in Italia nonostante il V.M. 18 anni, ma ferocemente massacrata dalla critica dell'epoca (come altre pellicole del regista), che la distrusse a causa della violenza "pornografica", ignorandone il lato Artaudiano ed assurdo dell'orrore cercato dal regista. 

 

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