Regia di Checco Zalone vedi scheda film
In questa storia, Pierfrancesco, detto Checco, Zalone è un imprenditore che ha trovato lavoro in un villaggio turistico in Africa, dopo essere stato costretto a fuggire dall'Italia per le conseguenze del rapido fallimento di un ristorante di sushi nella sua cittadina pugliese, Spinazzola. La sua ritrovata tranquillità dura poco, poichè a causa delle sempre più frequenti incursioni di guerriglieri nell'area, è costretto, insieme ad un amico, Oumar, ad un bimbo, Doudou, ed una donna, Idjaba, di cui è innamorato, alla fuga verso il nord. Dopo molte traversie raggiungono la Libia, da dove salpano verso l'Europa con una piccola e fragile imbarcazione. Diretto dallo stesso Checco Zalone, questo film è stato oggetto di giudizi controversi. Ricordo che c'era molto fermento, nel periodo in cui la pellicola era nelle sale; ricordo anche la delusione di alcuni conoscenti che si erano recati al cinema. Le mie aspettative non erano alte. A mio parere, affrontare un fenomeno estremamente complesso come quelle delle migrazioni non è cosa da poco; ognuno dei latori dei vari interessi in gioco ha un "frammento" di ragione, rappresentato da argomentazioni, le quali possono confliggere tra loro, in tutto o in parte. Da un film di Checco Zalone, mi aspetto che al centro del racconto vi sia il suo personaggio, il quale esamina un fenomeno specifico, o racconta una storia, filtrandoli tramite la sua particolare satira. Il regista ed interprete pugliese tocca vari aspetti del fenomeno, ma non li approfondisce; essi, in ordine sparso, sono cause dell'emigrazione, atteggiamento ondivago delle democrazie occidentali, ipocrisie e veri interessi dei vari agenti inseriti a vario titolo negli eventi. Non mancano derive "buoniste", ma senza generalizzare. Alcuni dei compagni di viaggio ed avventura del protagonista si rivelano persone sgradevoli. Tutto ciò è tenuto insieme da una trama lineare, ma piena di elementi inverosimili. Nulla di nuovo sotto l'aspetto della recitazione, Checco Zalone è sempre lui. Interpreta un consueto ruolo di vittima / complice dei tradizionali mali italici, qualunquismo, piccole furberie, ignoranza dilagante, burocrazia; il tutto senza far troppi approfondimenti o distinzioni. Temo che, alla lunga, tutto ciò stia stancando. Forse è questo il difetto - se così vogliamo considerarlo - dell'opera; la conclusione, del tutto surreale, poi, non aiuta. Personalmente, due risate, qua e là, me le sono fatte, in particolar modo nelle sequenze che fanno satira sulla famiglia del protagonista. Per il resto ... Mah ... Non mi aspettavo ne' una disamina oggettiva di un fenomeno estremamente complesso, ne' una storia in grado di emozionarmi oltre misura, e tali idee sono state confermate. Da vedere, senza troppo impegno e grandi aspettative.
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