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Tolo Tolo

Regia di Checco Zalone vedi scheda film

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La recensione su Tolo Tolo

di mm40
3 stelle

Checco apre un ristorante di sushi in Puglia, evitando accuratamente qualsiasi norma di legge; ben presto fallisce e, con lo Stato, i creditori e i parenti alle calcagna, fugge in Africa. Qui sopravvive a un attacco dell’Isis, ma per qualche ragione in Italia viene dato per morto. I parenti, ben contenti di estinguere in tal modo ogni debito e di ricevere anzi un indennizzo, riconoscono come sua la salma di un uomo carbonizzato dai terroristi. Checco però è ancora vivo e sta facendo di tutto per tornare in Italia.

Quattro anni sono passati dal precedente film con protagonista Checco Zalone: era il capodanno del 2016 quando usciva in sala Quo vado?, polverizzando il record di incassi detenuto peraltro da Sole a catinelle (2013), pellicola ancora precedente del comico pugliese; record destinato a essere nuovamente infranto proprio da questo Tolo tolo. Il sodalizio con il regista e autore Gennaro Nunziante si è nel frattempo rotto e Luca Medici – vero nome di Zalone – decide pertanto di passare in prima persona dietro la macchina da presa; non trattandosi di cinema autoriale o particolarmente pretenzioso dal punto di vista formale, si può tranquillamente affermare che l’attore se la cava dignitosamente anche come regista. In fase di sceneggiatura però questa volta il partner è nientemeno che Paolo Virzì; presumibilmente il suo apporto si nota più che altro nella prima parte del lavoro, che è peraltro quella meglio riuscita, essendo più esplicitamente improntata ai canoni della commedia pura. Nella seconda metà Tolo tolo vira verso una comicità con contenuti che in altre occasioni Zalone aveva saputo gestire con più misura; l’obiettivo gli sfugge di mano abbastanza spesso qui e in particolare si nota nelle due canzoni poste circa a metà della storia e nel finale, orecchiabili e con ottime scelte lessicali come nella tradizione del comico, ma purtroppo misere in quanto a contenuti. Sostenere che l’unico modo per far integrare gli immigrati africani in Italia sia importando gnocca (questo il termine esatto) pare, più che un simpatico ritornello progressista, una funesta eco berlusconiana; allo stesso modo la canzoncina della cicogna che si trasferisce in Africa perché là i maschi della sua specie sono superdotati (che noia) è francamente imbarazzante. Al di là di queste cadute di stile il film è comunque compatto e riesce a divertire, specie nella prima sezione, dominata da un canovaccio solido e colmo di spunti politicamente scorretti. Da segnalare delle particine per Barbara Bouchet e Nicola di Bari, oltre che – in un cameo autoreferenziale – Nichi Vendola. 3,5/10.

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