Regia di Checco Zalone vedi scheda film
Checco Zalone non ha certo anticipato nessuno nel pensare di trasferire la sua comicità cinica e sarcastica al servizio di una vicenda direttamente collegata alla immane problematica dell'esodo di clandestini dall'Africa.
In qualche modo, solo di pochi giorni precedente, pure la coppia ugualmente televisiva quanto Zalone composta da Ficarra e Picone, con il loro modesto Il primo Natale, hanno osato impastare la materia natalizia di una sua dinamica da sbarco clandestino.
Ma ancor diversi mesi prima, Antonio Albanese vi ha dedicato tutto il suo film, purtroppo senza un successo artistico e commerciale consono alle ambizioni che lo hanno indotto a spendersi in qualità di attore e regista nel suo motivato, ma sprecato Contromano.
Decisamente di peggio ha poi fatto l'Aldo (Baglio) del Trio, scegliendo l'assolo interpretativo e finendo scambiato per un immigrato nel debolissimo e dimenticabile Scappo a casa di Enrico Lando.
In Tolo Tolo, titolo che fa riferimento ad un orgoglioso, trionfale "solo solo" pronunciato con enfasi dal bimbo del film una volta appreso a nuotare grazie a Checco (per tutti Cecco, nel "Continente Nero"), di cui costui si premura di firmarne la regia coi propri veri dati anagrafici che lo riconoscono in Luca Medici, tutto è molto studiato strategicamente per l'arrembaggio al botteghino.
Nulla avviene a sproposito, e moltissimi sono gli spunti che una semplice, tutt'altro che originale storiella, riesce tuttavia ad offrire a proposito di una realtà senza controllo e ritegno che occupa ai nostri giorni le cronache dei nostri giornali.
Forse, anzi certamente, a livello tecnico e soprattutto artistico, il punto di vista acerbo e ammiccante di Zalone (caratteristica peraltro dilagante in zona di commedia italica) non si può ancora classificare come vero cinema (come incassi, al contrario, direi più la ripetizione di un miracolo salvatutto, impossibile negarlo).
Ma, rispetto a qualsiasi altro precedente film che abbia avuto per protagonista questo autore, Tolo Tolo è pensato ed escogitato scrupolosamente in ogni secondo, e per ogni personaggio, di rilievo come secondario: forse grazie anche alla mano tutoriale arguta di Virzí, coautore della sceneggiatura, il film possiede capacità inaspettate di spiazzare ogni punto di vista, specialmente magari di chi tenta con superbia e saccenza di strumentalizzare il successo prevedibile ed inevitabile del film con i soliti arroganti proclami populisti o sovranisti, salvo magari poi scoprire di essere proprio lui quello preso di mira e sbugiardato più di tanti altri, nel rispetto di una ormai conclamata ed irrinunciabile, ma assai azzeccata rappresentazione della italica indolenza, di cui il comico è assai degno portavoce al pari di quanto accadde, decenni prima, ad alcuni illuminati illustri suoi indimenticati comici predecessori.
Studiatissimo - dicevamo sopra - questo script densissimo e concentrato di eventi e sfumature, che si trasformano da una parte in trampolino di lancio per gag e giochini espressivi travolgenti in cui da sempre la verve cinico-comica di Zalone offre il meglio di sé, creando più volte le condizioni ideali per ridere anche di gusto di situazioni e grevità per cui ci sarebbe piuttosto da vergognarsi o provare imbarazzo.
Attento ad utilizzare, satanasso d'un Checco, ogni particolare per azzeccare molte cose, per sonore tirate d'orecchi in cui nessuno pare risultare vaccinato, e non prendendo la mira solo su di noi, opportunisti italiani: men che meno si salvano i fighetti glamour voltagabbana francesi, gli inflessibili ed un po' ottusi crucchi, o gli stessi corruttibili africani, arrivando il film a sbilanciarsi in paradossi narrativi rischiosi come un film nel film, siparietti musicali, e ad azzardi come un finale a cartoon canterino e sbruffone.
Tanta, troppa roba forse, ma a tratti anche una certa inaspettata finezza, come una riuscita, divertente ma anche molto ben studiata citazione cinefila che si rivela arrischiata ma pertinente (si intercetta addirittura Pasolini... incredibile ma vero, e lo si fa con rispetto, senza creare i presupposti, apparentemente inevitabili, per una bestemmia). Qualche ulteriore azzardo ugualmente in bilico verso un burrone senza ritorno, si rivela poi ugualmente riuscito: tra questi, di certo primeggia l'irresistibile ed incontenibile afflato mussoliniano che coglie di sorpresa il nostro indolente eroe controvoglia, rivolto a ben altri attuali nostri sovranisti già citati sopra.
L'evoluzione irresistibile di certi personaggi che vedono il fesso del paese scalare di volta in volta la vetta della realizzazione professionale che lo porta a ricoprire, non certo a caso, l'incarico di Ministro degli Esteri... eheheh..
Poi, ancora, la circostanza degradante ed amorale di sfruttare un popolo non avvezzo a poter usufruire di diritti inalienabili altrove dati sin troppo per scontati e pertanto disposto ad accogliere con gioia situazioni altrimenti considerate alla stregua di schiavitù, che qui si traduce in divertenti e scoppiettanti gag come quella dell'entusiasmo per il bagno unico anche per disabili e per la fiera, sconsiderata rinuncia al permesso di maternità da parte di una orgogliosa partoriente lavoratrice.
Certo poi, l'ultimo Zalone non è affatto esente a vistose, evitabili cadute di gusto, come quelle incontenibili vedute fotogenico-turistiche di un'Africa vista dall'alto di riprese via drone degne di un tour operator per vip, ove pure come parte integrante di quell'oasi di bellezza incontaminata appare incongruamente il pittoresco caravan della fortuna che porta stancamente avanti il flusso migratorio della speranza.
Per non parlare di qualche siparietto decisamente fuori posto, tipo quello della nuotata felice in mare a sostituire come in un sogno illusorio le frequenti ed ahimè molto più verosimili morti da annegamento che concludono molti di questi tremendi viaggi della speranza.
Ecco, tutto questo sopra ostenta decisamente elementi di cattivo gusto che, personalmente, considerata la situazione tragica ancora assai attuale, avrei evitato di inserire.
Certo l'operazione che ha dato vita a Tolo Tolo è nata nel segno di costruire con ogni strategia più oculata e calcolata un ritorno tra i più attesi (e necessari per l'intera industria cinematografica nazionale in crisi nera).
L'urgenza di non deludere dopo un silenzio scientemente scandito da un triennio fuori dal giro per creare la strategica attesa necessaria a ripetere il miracolo commerciale del decisamente meno ambizioso, ma fortunatissimo Quo vado, ha giocato un ruolo importante, anzi fondamentale, che Zalone ha comunque superato al di là del mero valore qualitativo dell'opera, alla fine dei conti tutto sommato riuscita anche tenendo fuori la questione meramente economica.
Il tutto nei limiti - non mi stanco né dimentico di precisarlo - di uno stile di cinema che forse proprio "cinema" ancora non arriva davvero ad essere.
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