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Let There Be Light

Regia di Marko Skop vedi scheda film

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La recensione su Let There Be Light

di gaiart
7 stelle

Quando un padre, in casa, in un momento di relax, dopo essere tornato dal lavoro in Germania come carpentiere, indossa un paio di ingombranti ciabatte a forma di carro armato gigante, ricamate in grigio, i pensieri iniziano a fluire verso il mistero dei simboli.

 

 

Quelle che dovrebbero essere delle serene vacanze di Natale scoprono invece una tragedia legata a gruppi paramilitari giovanili che includono anche il figlio del protagonista e lo stupro con suicidio di uno dei ragazzi membri. L'Europa dell'est, ma anche dell'ovest, non solo l'Europa ama anche l'America e il mondo intero stanno riscoprendo delle cellule d'odio che forse erano sopite o dormienti da tempo.

Risvegliate dall'immigrazione, dal colore della pelle, dall'orientamento sessuale, dalla crisi economica, ora dal covid, dalla paura del diverso, dalla mancanza di lavoro, esse si radicano come un germe, da padre in figlio e colpiscono fin da giovanissimi ragazzi ultrà, negli stadi, nelle scuole, nelle strade.

Il film attento al sociale, parte da un caso singolo per far riflettere sull'estensione a macchia d'olio del fenomeno registrando come un termometro questa realtà, focalizzandola forse solo a caso in Slovaccchia. Ugualmente il territorio potrebbe essere ovunque, basta leggere un quotidiano: in Germania, Italia, in USA, nel mondo intero, dove si trovano quotidianamente casi di aderenza militare, uso di armi anche a parte di ragazzini, per convogliare violenza, insoddisfazione sociale, razzismo o semplice paranoia, cose ahimé in devastante aumento.

Le soluzioni?

Intanto già da questo film, proprio la scelta coraggiosa del protagonista in seno al nucleo familiare, insegna come si possa, partendo dal singolo, cercare di cambiare la realtà molesta e triste che ci circonda, seppur le istituzioni come chiesa, polizia, scuola sembrino conniventi, assenti o addirittura corrotte a tal punto da divenire causa stessa del problema. 

 

In cornici concentriche di violenza genetica, domiciliare, sociale, familiare come un albero genealogico le cui radici terrene non riescono ad essere estirpate da un humus e un tessuto di livore e rabbia, paura e protezione, questo film asciutto e netto racconta una Slovacchia che è anche un'Europa, invasa e pervasa da gruppi di difesa, giovani paramilitari che assurgono a capetti di branchi locali, per poi divenire vere e proprie milizie del terrore, verso l'altro, il diverso, il debole. 

Da una piccola realtà locale dove istituzioni come la scuola, la chiesa, la polizia sono una rete protetta, unita, invalicabile al singolo che, dal semplice bullismo a gesti estremi, pervade ed implode estendendosi a macchia d'olio, come un sasso in circonferenze sulla superfice di un lago.
La violenza attira violenza; da padre a figlio, da nonno a nipote, da militare junior a comandante etc etc, su nei ranghi. Questo film fa rifelttere proprio su questo il rapporto tra singolo e collettività nel gestire paure, rimorsi e violenze, nel dubbio tra onestà e paura di denunciare, per corruzione e connivenza di istituzioni, marcite come un fungo a novembre che si radicano come una rete sotterranea infiltrata dal male. Nessuna musica particolare, una fotografia scarna, nessun colpo di luce se non nel titolo per portare chiarezza la dove c'è ombra del male.
Sceglie il regista Skop, lo scarno, per sottolineare solo con la scrittura la verità di una tragedia epocale: la nostra! 
 
Quelle che dovrebbero essere delle serene vacanze di Natale scoprono invece una tragedia legata a gruppi paramilitari giovanili che includono anche il figlio del protagonista e lo stupro con suicidio di uno dei ragazzi membri. L'Europa dell'est, ma anche dell'ovest, non solo l'Europa ama anche l'America e il mondo intero stanno riscoprendo delle cellule d'odio che forse erano sopite o dormienti da tempo. Risvegliate dall'immigrazione, dal colore della pelle, dall'orientamento sessuale, dalla crisi economica, ora dal covid, dalla paura del diverso, dalla mancanza di lavoro, esse si radicano come un germe, da padre in figlio e colpiscono fin da giovanissimi ragazzi ultrà, negli stadi, nelle scuole, nelle strade. Il film attento al sociale, parte da un caso singolo per far riflettere sull'estensione a macchia d'olio del fenomeno registrando come un termometro questa realtà, focalizzandola forse solo a caso in Slovaccchia. Ugualmente il territorio potrebbe essere ovunque, basta leggere un quotidiano: in Germania, Italia, in USA, nel mondo intero, dove si trovano quotidianamente casi di aderenza militare, uso di armi anche a parte di ragazzini, per convogliare violenza, insoddisfazione sociale, razzismo o semplice paranoia, cose ahimé in devastante aumento. Le soluzioni? Intanto già da questo film, proprio la scelta coraggiosa del protagonista in seno al nucleo familiare, insegna come si possa, partendo dal singolo, cercare di cambiare la realtà molesta e triste che ci circonda, seppur le istituzioni come chiesa, polizia, scuola sembrino conniventi, assenti o addirittura corrotte a tal punto da divenire causa stessa del problema.

 

 

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