Regia di Gina Prince-Bythewood vedi scheda film
L’essere umano non vede oltre il proprio naso e ragiona per luoghi comuni. Crea nemici da annientare e, orientandosi su basi aleatorie, perseguita biecamente chi è disallineato dai dogmi precostruiti e imposti.
Sotto disparate spoglie, funziona così da tempi immemori, con un’evoluzione che ha collocato senza indugi l’interesse economico sopra un piedistallo.
Un mondo del genere ha una disperata necessità di eroi e il cinema continua a dirlo in tutte le lingue di cui dispone.
Anche The old guard s’iscrive all’appello del nutrito plotone, forte di argomentazioni ricche d’impulsi ma fiaccato da un’intelaiatura pasticciata.
Andy (Charlize Theron), Nicky (Luca Marinelli), Joe (Marwan Kenzari) e Booker (Matthias Schoenaerts) sono guerrieri immortali, che da secoli utilizzano il loro potere per salvare le persone ritrovatesi in estrema difficoltà, a rischio della vita.
La loro posizione si complica quando vengono raggirati da Copley (Chiwetel Ejiofor), un ex agente della Cia al servizio del ributtante Steven Merrick (Harry Melling), proprietario di un’azienda farmaceutica che vuole utilizzarli come cavie per carpirne i segreti nascosti nel dna.
Nel frattempo, scoprono che Nile Freeman (Kiki Layne), una marines americana stanziata in Afghanistan, ha manifestato i loro stessi poteri.
Insieme, dopo aver affrontato le iniziali e sacrosante titubanze di Nile, affronteranno il destino che li attende.
Tratto dall’omonimo fumetto di Greg Rucka, che ha anche impaginato la sceneggiatura, The old guard contamina generi e istanze senza far quadrare il cerchio, disperdendo un sostanzioso potenziale.
La leva fantasy vive di estemporanei echi legati a flashback del passato (su questo materiale, dalle infinite opportunità, ritroviamo solo un richiamo ricamato con dovizia), l’azione, dopo varie comparsate, prende in mano le redini del gioco solo nel finale, mentre il dramma fiocca copioso, avvalendosi di tematiche esistenziali di pubblico dominio.
Così, inspiriamo aria colma di sofferenza e paure, di mancanze attuali e condanne determinate nel corso dei secoli, di ingiustizie laceranti e discriminazioni senza quartiere, di violenze perpetrate arbitrariamente e una solitudine forzata.
Sfortunatamente, le varie spinte presentate sono inserite in una sceneggiatura lacunosa, caratterizzata da una spaziatura stiracchiata, occupata senza omogeneità, con smagliature sparpagliate in ogni direzione e una discutibile economia dei tempi, con accensioni estemporanee sui singoli episodi.
Contestualmente, la regia di Gina Prince-Bythewood non fornisce un apporto significativo e la sua stessa scelta appare inspiegabile - nessun acuto pregresso o esperienze in film d’azione, con una sola opera apprezzabile alle spalle (La vita segreta delle api) -, se non correlata alla volontà di garantire la parità di genere (semmai sbilanciandosi troppo).
Un aspetto evidenziato anche da un cast eterogeneo. Se una pugnace Charlize Theron è al comando e ha a disposizione il tratteggio più cospicuo (in chiave action, siamo comunque lontani anni luce da Mad Max: Fury road), Matthias Schoenaerts e Luca Marinelli sono ligi al dovere e altrettanto sottoutilizzati, Chiwetel Ejiofor risulta piuttosto passivo, Harry Melling mostra tutta la follia dell’avidità (ma il ruolo da villain meritava di più), mentre Kiki Layne (Se la strada potesse parlare) sfoggia un temperamento combattivo.
Alla resa dei conti, The old guard non sfrutta appieno le frecce al suo arco: disquisisce dell’imbarbarimento morale e del conflitto tra scienza e profitto, ma non possiede una naturale capacità di approfondimento, ha grumi action ma non spicca per la resa e, più in generale, conta più parole che fatti, più fascino intrinseco che frutti effettivi, minacciando, nonostante tutto, un sequel (sui titoli di coda, spalanca il portone sul futuro, promettendo di rimescolare le carte).
Vanificato.
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