Regia di Domiziano Cristopharo vedi scheda film
Un controverso esordio in regia quello di Domiziano Cristopharo, uno dei più interessanti autori non allineati che pagano la loro onestà intellettuale con l'esilio. Restando ingiustamente inediti nel nostro paese.
"La diversità è ciò che rende il nostro mondo più piacevole. Non esistono persone identiche. Goditi le sofferenze, nella casa dei manichini di carne."
Con un trascorso di abusi paterni e una difficile educazione, il fotografo Sebastian (Domiziano Arcangeli) vive isolato in un mondo circoscritto alla sua attività e ai sui tenebrosi lavori a sfondo macabro, commissionati dall'edicolante Cannoluti (Randal Malone). In occasione del festeggiamento alla maggiore età della vicina di casa, Sebastian incontra l'aspirante scrittrice Sarah (Irena Violette). Incontro che stravolge la sua monotona e triste esistenza, orientata a frequentare anche un allucinante bordello, conducendolo pian piano ad intessere con la ragazza -in parte sostenuta anche dal genitore (Giovanni Lombardo Radice)- una morbosa relazione affettiva.
"Sebastian era la foglia tremante su un ramo, che ho staccato da un albero appassito." (Sarah)
"Quali scene siamo indotti a vedere più spesso in TV? Omicidi, incidenti, violenza, in generale. La TV è il migliore esempio di quanto la nostra società sia diventata malata. Le persone hanno perso il contatto con gli altri. Una società interessata solo al declino morale: voyeurismo e sesso." (Connoluti)
"L'immagine della nostra Terra vista dallo spazio: vortici di blu, bianco e verde, che risplendono su uno sfondo nero. Una lontana, fredda bellezza. Silenziosa, solitaria, eterna. Apparentemente tranquilla, vista dall'alto".
Con questa premessa, pronunciata da una voce fuori campo mentre sullo schermo appare la Terra persa nello spazio profondo, prende l'avvio il film d'esordio in regia per Domiziano Cristopharo. Film suddiviso in tre atti (Sebastian, House of flesh mannequin, Sarah) più l'epilogo. Un esordio di forte impatto, per via del contenuto di body art estrema affiancato a scene di sesso al limite dell'hard. La casa dei manichini di carne, titolo che ben ne sintetizza in parte il contenuto, finisce per essere un film disturbante, anche se costruito con profondità di analisi come dimostrano i bei dialoghi. Il riferimento cinematografico da cui parte Cristopharo, facendone un personale remake, è addirittura citato quando Sarah -di fronte al manifesto di Peeping tom- sollecita Sebastian alla visione del film. L'opera di Michael Powell si riflette infatti nella perversa mania di Sebastian, anche lui, come il Mark di L'occhio che uccide, in simbiosi con videocamere e macchine fotografiche; anche Sebastian è, prima che carnefice, vittima di un padre disumano, causa prima della sua ossessiva fruizione di foto e filmati violenti.
"Il male non è quello che entra nella bocca di un uomo. Il male è quello che ne esce, perché le lingue sono più affilate delle spade, e possono davvero ferire." Sono le parole di un avventore del bordello praticato da Sebastian, in realtà un luogo di sofferenza più che di piacere, allestito a mo' di museo: al suo interno sono presenti i più svariati esemplari della diversità. Veri e propri freaks -alcuni deformi o con arti mancanti- si alternano a body performers che si lasciano trapassare la pelle da aghi. Travestiti e gay si lanciano in aberranti pratiche sodomitiche. Anche se presente, il nudo femminile qui sembra essere in sottofondo, a margine, per cedere invece campo all'accoppiamento virile. Motivo, questo, che ha portato (una volta tanto, e giustamente) il pubblico femminile a guardare di buon occhio il film. Ma non si pensi, sarebbe un errore, che Cristopharo abbia intenzioni banali, limitate cioè all'erotismo che qui è solo di facciata. La profondità del testo, trascende l'abbondanza di membri (anche in eiaculazione) e le scene violente; valga da esempio quel che dice l'anziana cliente della casa, mentre è impegnata ad infilare aghi nel corpo di un occasionale rent boy, hustler, o sex worker: "Dal momento che nell'animo umano ci sono tanti segreti così nascosti, lasciamo pure crescere il sospetto, e nello stesso tempo faremo crescere il numero di chi vigila. Ma quale uomo è così lontano dalla realtà, così inesperto di politica e per nulla preoccupato della propria salvezza e di quella pubblica da non capire che, la propria salvezza, è un tutt'uno con quella degli altri? Dalla vita di uno solo, dipende quella di tutti."
Proprio questa contraddizione tra quello che il film mostra, ovvero il sordido ambiente morale e spaziale in cui si muovono i protagonisti (sono presenti anche gli inevitabili -finti- snuff), e quello che invece racconta (anche musicalmente, con inserimento di brani lirici orchestrali), fa la differenza. Non siamo cioè di fronte ad un horror d'effetto. È ancora da un occupante della "House of flesh mannequin" che ci arriva una constatazione palese, eppure spesso dimenticata: "In passato era la Chiesa ad essere il centro dei messaggi subliminali. Ma è stata sostituita dalla televisione. La massa è incoerente, piena di desideri inutili. Segue le passioni senza pensare alle conseguenze. Devono essere riempiti di paura per tenerli sotto controllo. È per questo che i saggi inventarono gli Dei e minacciavano punizioni dopo la morte. La verità non è pura, e neanche semplice."
La casa dei manichini di carne è dunque un film complesso, un lavoro che presenta i suoi limiti (principalmente dovuti ad un budget non imponente) ma anche un'opera prima in grado di assumere una sua identità. Non è infatti una coincidenza se il curriculum di Cristopharo si sia, nel tempo, allungato sino ad arrivare a 27 film (compresi i collettivi tipo P.O.E. e Shock). Quello che invece fa pensare è come sia possibile che un autore tanto creativo e spesso ispirato, sia costretto a barcamenarsi in piccole produzioni destinate al mercato estero, vedendosi così precluse le possibilità di una distribuzione in territorio nazionale dei suoi lavori. Lavori che sono molto, molto più interessanti (per tecnica e contenuto), delle solite commedie italiane che ci propongono invece con ciclica (e sospetta) costanza.
Dal film al libro e... viceversa: la vita è un'illusione
House of flesh mannequin si chiude come se i personaggi che lo hanno animato fossero realmente esistiti, informandoci testualmente:
"Dopo un processo di 453 giorni, la giuria dichiara Sarah Roeg e Sebastian Rhys colpevoli di duplice omicidio e chiede 25 milioni di dollari come risarcimento alle famiglie delle vittime. Sarah Roeg dichiara di non avere proprietà ma i diritti del suo ultimo libro Racconti di un assassino, che ha scritto in prigione, saranno assegnati alle famiglie delle vittime. Di comune accordo, le famiglie delle vittime pubblicheranno il libro con il nuovo titolo L'obiettivo dell'assassino, che diventerà un best seller. Sebastian Rhyes è stato ritenuto colpevole di altri 5 delitti. È stato dichiarato infermo di mente e scontera' la pena in un ospedale psichiatrico. La sua casa è stata ceduta alle famiglie delle vittime, che hanno concesso al sig. Roeg di continuare ad abitare nell'appartamento al piano di sotto."
"Selvaggio animale in calore
il cazzo che mi spruzza nel cuore
un muscolo rosso d'amore
affonda dentro il mio cuore.
Tu, che sembri un manichino
tira fuori il cazzo duro
ti faccio un pompino.
Io ti faccio un pompino, oh!
Voglio il cazzo, oh!“
(Ilona Staller, in arte Cicciolina)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta