Regia di Giulio De Santi vedi scheda film
In un mondo apparentemente paradisiaco per gli onesti, si affaccia l'ombra di un Governo onnipresente, onnipotente e -soprattutto- prepotente. Pochi cannibali al Potere, che si cibano -letteralmente, obbligando a fare altrettanto anche al popolo "bue"- degli emarginati e dei più deboli. De Santi, scatenato, produce, scrive, dirige e interpreta.
A Taeter City vige una severa legge, imposta da un regime dittatoriale. Mediante Zeed, un sofisticato sistema tecnologico che fa uso di onde radio, i criminali vengono indotti al suicidio. I corpi senza vita, recuperati da speciali forze dell'ordine, vengono prima smistati al macello, poi distribuiti nella catena alimentare tramite svariati Taeter Burger, locali appositamente istituiti per saziare l'appetito della popolazione. Tutto questo finché un malfunzionamento del sistema Zeed produce effetti opposti, finendo per rendere i delinquenti più aggressivi e potenti. Il primo mutante, Trevor Covalsky (Giulio De Santi), fuggito alla cattura dopo avere compiuto una strage, ripara in un ristorante orientale dove viene braccato da tre agenti speciali: Wank, Shock e la sanguinaria Razor (Monica Muñoz).
Chi pensava che in Italia la fantascienza fosse un territorio proibito, praticato in anni lontani (da Antonio Margheriti, Lugi Cozzi e Alfonso Brescia), può tranquillamente ricredersi. Certo, il patito di sci-fi pura, qui potrebbe restarci male. E non solo lui. La quantità di scene splatter è incalcolabile. In circa un'ora di film (tolti i lunghi titoli di coda), che l'essere umano faccia schifo -per come è fatto in tutti i sensi "dentro"- Taeter City mica te lo manda a dire. Né ti avvisa.
Giulio De Santi, dopo l'esordio in regia dell'anno precedente (Adam Chaplin), cambia registro tematico ma non la carica di esaltata (ed esaltante) violenza. Guarda al cinema estremo degli Anni '80 (in particolare a Peter Jackson, Carpenter, Fulci, Mattei e Deodato) e interpretando lui stesso la parte del criminale mutato, realizza un insieme di scene ultrasplatter, con un finale sparatutto in FPS che anticipa la sostanza dei successivi Hotel Inferno e Hotel Inferno: the cathedral of pain. Se la sceneggiatura difetta in approfondimento dei personaggi -tutti dalla personalità poco più che abbozzata- non altrettanto si può dire di un soggetto tutto sommato lanciato verso una critica (lucida e aperta) all'uso spregiudicato, politico e dittatoriale della tecnologia. Uso di fatto già in essere, anche se non lo vogliamo vedere. Il fittizio sistema Zeed, che tanto ricorda l'attuato progetto americano MK-Ultra, non è poi così distante dall'essere realisticamente implementato nelle varie nazioni in parte già accorpate, quindi parzialmente sottoposte in maniera occulta, al progetto in divenire di un Governo Mondiale (The NWO).
Taeter City, pur se imbrattato di sangue e brutalità assortite, è un film che prende posizione. Il cui cuore pulsa, tenacemente, nascosto dietro una facciata di provocatorio politically incorrect. Non è un caso, né potrebbe esserlo, che il capo delle milizie ad un certo punto faccia, gesticolando, il saluto romano. Non è un caso, d'altra parte, che la ribellione arriva proprio dal basso, da coloro che sono destinati alla "catena alimentare". E, di nuovo, non è un caso che per fare passare un messaggio importante -a volte- occorra essere duramente decisi. Perché un significato qui c'è, ed è pure molto essenziale. Un significato che vuole prepotentemente emergere tra occhi che saltano, teste divise in due/tre parti, mani amputate, corpi devastati da camion (sequenza memorabile quella del multiplo massacro con Covalsky/De Santi alla guida di un autoarticolato) quando non acidi, laser, fiamme o pallottole. Non ci sono storie: qui siamo di fronte ad un fantasplatter politico. Splatter e politico, all'ennesima potenza.
"Il progresso tecnologico è come un'ascia nelle mani di un criminale patologico.” (Albert Einstein)
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