Regia di Pasquale Squitieri vedi scheda film
L’ossessione da pistoleri, ahinoi, è ancora attuale. Gonfiata da certe trasmissioni e giornali di destra, nonché promossa da uno schieramento politico, questa smania di essere armati e di autodifendersi, a cicli regolari, infesta l’italiano medio. Idem negli anni settanta, in pieni anni di piombo, il cittadino borghese non era tale se non possedeva una pistola con regolare porto d’armi. Mania sbeffeggiata da un personaggio di Verdone in un celebre sketch che ancora fa ridere, a denti stretti.
Pasquale Squitieri, regista autore dallo stile grezzo e diretto, nel ’78 scrisse e girò un apologo morale su un personaggio tipico della borghesia redditizia, ben inquadrato nel sistema che - sollecitato da più parti (colleghi, episodi condominiali, confessioni di paura ad un cliente commissario) - acquista un’arma per difendersi a prescindere. Nella prima parte vengono esplicitati tutti i sintomi e i motivi della paura metropolitana: l’uccisione inutile di un ladruncolo, la dirimpettaia malata di solitudine e protagonismo, il tamponamento, gli avventori del bar, la ribellione della figlia, i discorsi-morale consolatori per giustificarsi. Ha una buona intuizione nel mostrare la spettacolarizzazione dei media. Il mai dimenticato (e talvolta sottovalutato) Stefano Satta Flores, attore di carattere, mette la sordina alla sua recitazione (solitamente) brillante e nervosa per interpretare il protagonista frustrato e insoddisfatto principalmente di se stesso che della società violenta in cui vive. Nella seconda parte L’ARMA si sfilaccia in diverse scene discutibili e non riuscite, fino a giungere ad una conclusione beffarda e ineluttabile.
Squitieri a tratti si perde nel suo moralismo ambiguo, ma quando lo sguardo resta oggettivo il film convince. Regista istintivo, animalesco, rassomiglia tanto al Luigi Compagna di Satta Flores, intriso di dubbi e di scriteriate esplosioni di collera. Sottotono Claudia Cardinale, efficace Clara Colosimo, ottime le musiche di Tullio De Piscopo.
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