Regia di Galder Gaztelu-Urrutia vedi scheda film
Fatti salvi un frizzante senso del grottesco ed una costante ironia macabra che permettono di arrivare fino ai titoli di coda tutto sommato con il sorriso sulle labbra, El hoyo paga una trama sin troppo esile, patisce la morte prematura del personaggio di gran lunga più riuscito, e soprattutto si incarta nella ricerca del messaggio a tutti i costi.
«Ci sono tre tipi di persone. Quelle che stanno sopra, quelle che stanno sotto, e quelle che cadono». Dal basso del 48° piano, il veterano Trimagasi spiega al nuovo arrivato Goreng le regole che governano il misterioso interminabile palazzo sviluppato in profondità in cui s'è svegliato: quelle che cadono lo fanno precipitando - morte - lungo il buco che ne è la spina dorsale, e attraverso il quale quotidianamente un grande tavolo imbandito - dall'Amministrazione, al piano Zero - con quantità industriali di leccornie discende partendo dal primo per proseguire giù per centinaia di piani: ad ogni piano, le due persone che lo abitano scelgono cosa mangiare tra ciò che chi gli sta sopra gli ha lasciato, togliendolo a loro volta a chi gli sta sotto.
Didascalicamente insistente nel proporsi come metafora della lotta di classe e ritratto dell'umano egoismo, l'esordio sul lungo di Galder Gaztelu-Urrutia raddrizza e asciuga le contorsioni trigonometriche di The Cube (di Vincenzo Natali) da un lato, e ruota di 90 gradi, arrestandone la corsa, il treno di Snowpiercer (di Joon-ho Bong) dall'altro, perdendo il confronto con entrambi.
Fatti salvi un frizzante senso del grottesco ed una costante ironia macabra che permettono di arrivare fino ai titoli di coda tutto sommato con il sorriso sulle labbra, El hoyo paga una trama sin troppo esile, patisce la morte prematura del personaggio di gran lunga più riuscito - il succitato Trimagasi interpretato da Zorion Eguileor (che torna a dispensare humor nero anche da fantasma, ma con esiti più blandi), e soprattutto si incarta nella ricerca del messaggio a tutti i costi, che nell'ultima mezzora si fa esposta e stucchevole, affatto aiutata da una sceneggiatura (di David Desola e Pedro rivero) pigra, stiracchiata e zoppicante che alle lunghe perde colpi e mostra la corda.
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