Regia di Galder Gaztelu-Urrutia vedi scheda film
Le pietanze vengono preparate con la massima cura, c’è un attenzione maniacale per ogni singolo piatto, tutto deve essere di altissima qualità e presentato in modo impeccabile, prelibatezze e alcolici di gran pregio finiscono ogni giorno sulla piattaforma (una specie di ascensore senza porte) e da lì servite ai malcapitati ospiti de Il Buco (el hoyo, la fossa).
Il Buco è una specie di prigione che si sviluppa dall’alto verso il basso, una struttura rudemente essenziale fatta di numerosi livelli e di due “ospiti” per livello, la piattaforma colma di leccornie scende e si ferma brevemente ad ogni piano consentendo agli occupanti di mangiare, poi scende al piano sottostante.
Teoricamente la quantità di cibo è sufficiente a sfamare tutti gli occupanti ma di fatto i fortunati dei primi livelli si abbuffano come animali mentre gli sfortunati che stanno sotto crepano di fame, la beffa finale è che ogni mese il livello degli occupanti cambia con modalità casuali, di conseguenza chi prima si trovava SOPRA e si ingozzava rischia di finire SOTTO a contemplare piatti vuoti, sempre che nel frattempo non decida di CADERE nel vuoto e farla finita, ovvio (cit. Trimagasi).
Le persone all’interno de Il Buco rappresentano un’umanità disparata e disperata, assassini, pazzi, invalidi, criminali di vario genere ma anche persone normali che hanno scelto di andarci per motivi personali, come il protagonista Goreng (Iván Massagué) che introduce lo spettatore in un vero incubo grottesco, una specie di crudele e sadico esperimento sociale.
Goreng apre gli occhi nel livello 48 trovandosi in compagnia di Trimagasi (Zorion Eguileor), un vecchietto dall’apparenza innocua che gli fornisce le prime preziose informazione, il duetto fra questi due personaggi diverte e inquieta allo stesso tempo, ma è solo un primo assaggio di quello che verrà.
Il Buco è l’opera prima di Galder Gaztelu-Urrutia e ad una facile classificazione si pone come disturbante metafora della nostra contemporaneità, è un film che ha il pregio di una lettura immediata senza per questo risultare banale, un opera che propone spunti di riflessione senza avere ambizioni alte, fondamentalmente è puro intrattenimento, ma di quello buono.
Più Snowpiercer che The Cube, anche se il bel film di Bong Joon-ho puntava maggiormente sulla lotta di classe, qui in effetti il discorso è più sfumato in quanto il cambio mensile dei livelli non crea una vera distinzione sociale, non ci sono privilegiati in difesa del fortino e se ci sono lo difendono per un solo mese, poi si trovano fuori dal fortino con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca.
Una sottigliezza narrativa ma neanche tanto, un po' come immaginare un mondo dove il miliardario di colpo non è più ricco ma un poveraccio che campa di stenti, mentre un barbone si risveglia con il portafogli gonfio libero di godersi la vita.
Solo un mese, poi si gettano di nuovo le carte e vediamo cosa esce.
Un paradosso certo, ma anche uno spietato gioco al massacro che genera domande e fa riflettere, cambierebbe qualcosa nella percezione e nell’essenza morale dell’animale uomo?
Lo trasformerebbe in una bestia più incline alla solidarietà spontanea?
- Pensi che funzioni?
- Ovvio
- Ma non è andata come pensavo, io pensavo di convincerli...
- Li abbiamo convinti
- Con la merda?
- E’ più efficace della solidarietà spontanea
- Se solo potessimo convincere le persone di sopra…
- No, loro non ascolterebbero
- Perché?
- Perché non posso cagare verso l’alto signora.
Il film di Galder Gaztelu-Urrutia sembra essere pessimista al riguardo, il personaggio di Goreng ad un certo punto si trasforma in un rivoluzionario, ma è un Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento, si convince che il SISTEMA deve saltare e che la miccia che innesca la bomba sarà una panna cotta, il dolce dovrà tornare in superficie intatto come segno tangibile di una radicale presa di coscienza.
Opera prima assai convincente, girata bene e con un ritmo sempre sostenuto, non mi riferisco solo alle scene d’azione, che non rinunciano ad una violenza esplicita, ma anche ai dialoghi, la sceneggiatura è molto buona e i personaggi delineati con precisione, lo spazio scenico opprimente è degno di una piéce teatrale essenziale ma tremendamente accattivante.
Gli attori sono tutti bravi ma una menzione particolare se la meritano Zorion Eguileor e il suo Trimagasi, fin dalla prima apparizione ha qualcosa di disturbante, poi ci racconta la sua storia e tira fuori il mitico coltello samurai-plus, diverte e mette paura allo stesso tempo, difficile non volergli bene.
Voto: 7.5
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