Regia di Galder Gaztelu-Urrutia vedi scheda film
Cosa succede se un uomo è affamato? La mancanza di cibo quanto incide psicologicamente su di lui? Sembrano questi i due quesiti su cui si basa la sceneggiatura della visionaria pellicola firmata da David Desola, Pedro Rivero e diretta da Galder Gaztelu-Urrutia, o almeno quelli dai quali si parte per sfociare poi in meandri impensabili quali la politica strettamente legata gli stati sociali e la religione.
In un futuro che sembra fin troppo presente, esiste una struttura chiamata El Hoyo, letteralmente Il Buco, suddivisa in piani dove, per ogni piano, sono posizionati due letti con conseguenti due abitanti. Una volta al giorno, il buco che si trova al centro della stanza, viene occupato da una piattaforma su cui gli occupanti della stanza trovano cibarie varie o meglio riempita dal cibo che gli abitanti del piano superiore hanno lasciato per quelli del piano inferiore, e così via. E ovvio che più in basso scenderà la piattaforma e meno cibo ci sarà per gli abitanti dei piani inferiori che, costretti a permanere in quel livello per un mese, prima di essere spostati di livello più in basso o più in alto che sia in base al malato gioco incompreso dell’amministrazione della struttura, si lasciano sopraffare dalla fame che causa in loro reazioni violente.
Il Buco che nel film viene tradotto con La Fossa, è il primario e più interessante dei simboli, di cui è cosparsa la pellicola, da analizzare e interpretare. Infatti nella Divina Commedia di Dante, l’inferno è appunto chiamato spesso anche fossa, e i piani sono esattamente 333 la metà esatta di 666, numero del demonio. Da qui la credenza che, il film di Gaztelu-Urrutia possa essere considerato come una rivisitazione moderna dell’opera dantesca o per meglio dire della visione infernale.
Inoltre la composizione a piani della struttura non può non farci pensare alle classi sociali, con la conseguente elevazione o svilimento dei vari occupanti che si differenzia mese per mese, affinchè ognuno possa provare la ricchezza e conseguentemente la povertà, o viceversa, non per questo mutando mai la propria natura ma anzi l’esperimento sociale condotto sembra convogliare nell’unica conclusione possibile e cioè che ognuno di loro che si trova in un livello superiore tende ad essere prepotente in modo esponenzialmente diretto alla sua posizione sociale nel buco.
Impossibile non notare le somiglianze con il premio Oscar Parasite, anche se qui il macabro prende il sopravvento sulla raffinata quanto claustrofobica rappresentazione di Bong John-Ho, e la speranza, mai presente nella pellicola coreana, qui ha addirittura un volto, quello di una bambina destinata a rompere il corrotto sistema di gestione della struttura, dimostrando che ogni cosa, anche la più apparentemente perfetta, ha sempre un punto di rottura.
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