Regia di Galder Gaztelu-Urrutia vedi scheda film
TFF 37 - CONCORSO
"esistono quelli che stanno in alto, quelli che stanno in basso... e quelli che scendono.."
L'ambizione alimenta nell'uomo la voglia di sfida.
Goreng si sveglia all'interno di una struttura di cemento quadrata, accolto da un tipo strano che, vestito come lui, inizia a spiegargli le regole fondamentali che vigono dentro quell'inquietante luogo disadorno e freddo.
Una struttura quadrata tutta di cemento grigio, disposta per piani, ognuno dei quali è occupato da due persone, con al centro un foro quadrangolare utile a far scorrere una sorta di montacarichi imbandito di ogni ben di Dio: alta cucina che una schiera di cuochi prepara con minuzia ogni giorno, e che scorre dal primo livello fino in fondo, chissà dove, lasciando a chi sta in basso l'unica possibilità di nutrirsi degli avanzi di ciò che è rimasto dopo che ne hanno usufruito via via quelli dei piani più alti.
Tutto è calcolato: il tavolo resta per ogni piano solo pochi minuti, per poi scendere a quello sottostante; non è possibile trattenere cibo pena punizione "climatica" immediata; ogni coppia resta un mese al piano assegnato, per ritrovarsi poi altrove, secondo scelte casuali o non preventivabili: inutile dire che oltre un certo livello, la fame è quasi assicurata e la possibilità di morire di stenti o rimaner vittima di fenomeni di cannibalismo, pure. The platform, dirompente opera d'esordio di un regista da tener d'occhio di nome Galder Gaztelu-Urrutia, è un viaggio tra gironi infernali danteschi comminati a caso e non in ragione di una soecifica colpa, che assume, nell'assurdità semiseria del suo sadico ragionamento, una valenza socio-economica-politica del valore di un apologo dai tratti e stli orrorifici, inerenti la tendenza dell'uomo lasciato libero ad affrontare le asperità di un mondo ostile, di tirar fuori il suo lato più bestiale e ferino, utile a garantirgli la sopravvivenza a scapito altrui.
E laddove anche qualora i pochi illuminati cercassero di stabilire una regola, definissero un messaggio da inviare al dio che governa il sistema (la panna cotta, insomma... capirete se/quando vedrete) finirebero per tramutarsi essi stessi in tutori dellacregola, ed in quanto taki i nuivi carnefici, più che i veri salvatori e garanti di una regola social-economica votata al bene collettivo e alla sopravvivenza di tutti. La storia dell'umanità sintetizzata lungo una torre che si sviluppa per centinaia di piani.
L'effetto che balza agli occhive alla mente giardando questo film, è molto simile ai meccanismi dirompenri e sadici che resero indimenticabile The Cube di Vincenzo Natali. In pratica El Hoyo - uno dei film più inquietanti, urticanti, sgradevoli e forti del Concorso al TFF 37 - sintetizza, molto bene, giocando semiseriamente anche su concetti universali di valore socio-economico, il percorso della vita umana sulla terra, schematizzando le carte in gioco, le variabili, i pericoli, attraverso una storia forte che scende a patti con la mostruosità insita nell'essere umano quando messo alle strette.
E raccontandoci per simboli il destino di una vita in un pianeta generoso ed ospitale in senso lato, ma in cui le risorse ed i ripari dalle avversità vanno conquistati con determinazione, astuzia, istintività e desiderio di sopravvivere e farcela.
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