Regia di Francis Lee vedi scheda film
Francis Lee, con quest'operazione di fanta-storia "plausibile" e gender-washing al contrario, si vendica, ripagandola con la sua stessa moneta, della normalizzazione che impera da sempre nella dottrina scolastica. Regìa e sceneggiatura faticano un po', ma la recitazione sostiene, con uno scheletro di carne, l'intera ri-costruzione.
Per quelli che, come me, hanno conosciuto l’autodidatta paleontologa (cacciatrice/scavatrice/raccoglitrice di fossili) dilettante britannica da fanciulli di 5/6 anni sulle pagine de "i Quindici", beh, è un po’ un mezzo shock vederla incarnata sul grande schermo alle prese non certo con la non impossibile variante/possibilità lesbica (mentre le età delle protagoniste sono state proprio invertite e piegate alle esigenze di casting: Mary Anning, 1799-1847, aveva più di 10 anni di meno rispetto a Charlotte Murchison, 1788-1869, quando Kate Winslet, 1975, ha poco meno di vent’anni in più di Saoirse Ronan, 1994, ed è così che i loro personaggi appaiono sullo schermo), ma proprio, semplicemente, col fatto che lei possa aver fatto nella vita privata tutte quelle cose sporcacciose!
Premesso ciò, c’è da dire che bisogna davvero mettersi d’impegno per riuscire a sbagliare un film con Kate Winslet (“Heavenly Creatures”, “Titanic”, “Holy Smoke”, “Eternal SunShine of the SpotLess Mind”, “Romance & Cigarettes”, “Little Children”, “the Reader”, “Revolutionary Road”, “Carnage”, “Mildred Pierce”, “Contagion”, “Wonder Wheel”, “Mare of EastTown”), Saoirse Ronan (“the Lovely Bones” e “Lady Bird”), Gemma Jones (da “the Devils” a “God's Own Country”, passando per “You Will Meet a Tall Dark Stranger”, mentre qui si congeda da madre - “...di settant’anni e di dieci figli…”, “...che vende Lyme Regis ai turisti in negozio...” - con un ultimo gesto d’affetto quotidiano, consueto, famigliare, composto e discreto, porgendo una tazza di tè alla figlia) e Fiona Shaw (“the Black Dahlia”, “the Tree of Life”, “Killing Eve”, “Enola Holmes”), e non dico certo che Francis Lee (“God's Own Country”) non ci abbia provato, m’alla fine non c’è riuscito del tutto: il film da lui scritto e diretto, a parte alcuni passaggi a vuoto o, peggio, davvero ingenui e un poco respingenti nei dialoghi (a tal proposito, aggiungo che, a parte i meravigliosi accenti e inflessioni originali, il doppiaggio dell’edizione italiana è ben fatto e aiuta a restituire bene il cercato effetto realistico del tempo - i quasi duecento anni che ci separano dall’allora vengono recisi dall’ininterrotto flusso costante della modernità, che tutto appiana - e a far accettare i summenzionati punti deboli), ha un suo valore non solo etico-morale (s’inserisce nel “filone” costituito dalle istanze espresse da “la Vie d'Adèle - Chapitres 1 & 2” di Abdellatif Kechiche del 2013, “Portrait de la Jeune Fille en Feu” di Céline Sciamma del 2019 e “the World to Come” di Mona Fastvold del 2020), ma pure, anche se in minima parte, artistico: e mi riferisco, però e per l’appunto, soprattutto alle interpretazioni delle 4 attrici summenzionate, anche se molto bello è - oltre al prologo, col PdV chino a lavare con secchio e spazzola il pavimento del British Museum -, nel sottofinale, il momento poetico nel quale Mary Anning, in visita prima alle gallerie della pinacoteca e poi all'ala di paleontologia del suddetto museo, si sostituisce prospetticamente alla parata in parete dei soli maschi…
Per quanto riguarda la parte scientifica, invece, essa è relegata a due passaggi: le coproliti - con Roderick Impey Murchison, l’appropriatore indebito, che praticamente è ritratto come un raccogli-merda, anche se fossile - e le particolari conformazioni di alcune vertebre che potrebbero indicare la vicinanza di un capo e non semplicemente di altre vertebre.
Fotografia: Stéphane Fontaine (da “la Vie Nouvelle”, passando per tanto, mai troppo Jacques Audiard, a “Elle”). Montaggio: Chrys Wyatt (“This Is England”, “Dead Set”, “God's Own Country”). Musiche: Volker Bertelmann (“In Dubious Battle”, “Dublin Murders”, “StowAway”) e Dustin O'Halloran (“Marie Antoinette” e tanto, troppo Drake Doremus).
Sulla vita e le opere di Mary Anning si sprecano biografie più o meno attendibili (la voce che le ha dedicato Henry Stuart Fagan sull’All the Year Round di Charles Dickens), romanzi (“Remarkable Creatures” di Tracy Chevalier) e… scioglilingua (“She sells seashells on the seashore / The shells she sells are seashells, I'm sure / So if she sells seashells on the seashore / Then I'm sure she sells seashore shells…”). Paradossalmente può essere più in linea con la storia qui “re-interpretata/inventata” da Francis Lee l’omonimo romanzo d’esordio di fantascienza femminista (in zona “Evolution”) del 1992 di Nicola Griffith (edito in Italia da Elara).
Francis Lee, con quest'operazione di fanta-storia "plausibile" e gender-washing al contrario, si vendica, ripagandola con la sua stessa moneta, della normalizzazione che impera da sempre nella dottrina scolastica. Regìa e sceneggiatura faticano un po', ma la recitazione sostiene, con uno scheletro di carne, l'intera ri-costruzione.
[Serigrafia artistica che riunisce ittiosauro e plesiosauro sui titoli di coda.]
* * * ¼ - 6 ½
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Postilla.
Da “I Quindici”, edizione 1982.
[Mary Anning & Ittiosauro.]
[“Fantasia”.]
[Diorama di/con plesiosauro.]
[Ditemi voi se non è il più bell’iguanodonte - con ginkgo biloba - che abbiate, mai, visto.]
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