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La confraternita

Regia di Jean-François Rivard vedi scheda film

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La recensione su La confraternita

di Furetto60
6 stelle

Uno sguardo attento e critico sul mondo delle sette e sui suoi subdoli pericoli. Buon film

Ashley Shields è una giovane madre, reduce da un periodo difficile: ha perso la madre, il suo matrimonio è andato in fumo, il marito l’ha lasciata per mettersi con un’altra più giovane e in più costui, reclama anche l’affidamento della figlia, per giunta è sfumata una promozione sul lavoro, per una promessa non mantenuta dal suo capo cialtrone, che per giunta fa il cascamorto con lei. Sua sorella Jasmine, con trascorsi di alcolismo, con la quale i rapporti non sono mai stati idilliaci, anche per spinose questioni ereditarie, un giorno le fa visita e la convince a partecipare ad un incontro con un gruppo auto-aiuto, di sole donne. Questa confraternita, o meglio sorellanza, è gestita e guidata dalla carismatica Desiree e offre supporto a donne in difficoltà.

Anche se all’inizio è scettica, poi su insistenze di Jasmine, si persuade e dopo una rituale cerimonia di iniziazione, viene “arruolata”. La vita di Ashley, sembra avere una svolta in positivo. Il divorzio si risolve in suo favore e finalmente ottiene la tanto agognata promozione. Ma naturalmente non è tutto oro quello che luccica e c’è un rovescio della medaglia, lentamente capisce di essere entrata in una vera e propria setta, capeggiata da Desire, che al di là delle cordiali apparenze è una donna diabolica, che mantiene il controllo, attraverso una fittissima e omertosa rete di conoscenze, con cui ha messo in piedi un lucroso sistema di finanziamenti, che finiscono nelle sue tasche e in società fittizie che poi trasversalmente fanno capo  a lei , attraverso una gestione contabile “drogata” Ashley con le sue competenze finanziarie, viene categoricamente cooptata all'uopo, laddove non può tirarsi indietro in quanto,ha beneficiato di favori e si rende conto a sue spese, che i metodi usati per rimediare qualche vantaggio per i membri, sono ottenuti mediante sistemi decisamente poco ortodossi, quando non criminali, ricatti, estorsioni e azioni violente. L’evoluzione della storia è drammatica, chi entra in questa “società” sembra condannato a non uscirne più. La storia e la cronaca recente ci riferiscono di moltissime di queste organizzazioni, che riescono a manipolare la mente della gente, i meccanismi psicologici, che sottendono a questo stupefacente lavaggio del cervello, sono svariati e sono riconducibili a sottili strategie cognitive, per esempio si sfrutta il bisogno di aderire ad un comportamento che omologa il gruppo, per sentirsi come gli altri, in pratica il bisogno di appartenenza, che genera negli adepti la convinzione di contare e contrasta la sensazione di inadeguatezza sociale. L’ascendente del capo, fa da contraltare all’insicurezza dei soggetti che fanno parte di queste conventicole, ne riduce loro l’ansia e aumenta l’autostima, soddisfa bisogni di dipendenza e sottomissione, per i soggetti più deboli, bisognosi di una” guida”. Il gruppo inoltre fornisce una sorta di mutua assistenza sociale, che aiuta i suoi membri a risolvere complicate situazioni familiari, lavorative o economiche e dà l’opportunità di stabilire relazioni interpersonali in chi ha difficoltà, gli adepti possono provenire da vissuti di solitudine e storie di disgregazione e riuscire così finalmente a sentirsi parte di una “famiglia” Dunque un sistema relazionale basato sulla dipendenza nei confronti del leader e del gruppo, ciascuno è chiamato a comportarsi secondo le norme codificate. La formulazione di riti, linguaggi, stili di vita caratteristici, o la creazione di simboli e loghi, propri della setta, sono di grande suggestione e hanno una forza persuasiva molto forte. Un comportamento diverso è ovviamente malvisto, per questo molto spesso è difficile uscire dal “pericoloso mondo” costruito. Per mantenere all'interno gli adepti, spesso si fa leva sulla paura: innanzitutto di tornare ad una situazione antecedente che non era certo soddisfacente, magari con problemi sociali, economici o di salute o addirittura come nel film, si arrivano a mettere in moto, vere e proprie coercizioni violente. Il pensiero critico del singolo, viene sostituito da quello del leader. Tutto questo spiega il motivo per cui persone “normali “e sane di mente, si ritrovano “imprigionate” in siffatte situazioni. Mi viene in mente, la storia raccontata in un libro autobiografico dalla show-girl, Michelle Hunziker, che malgrado fosse una persona in vista, famosa e tutt’altro che sprovveduta, ha narrato di essere stata vittima, di una di queste famigerate sette, che l’aveva soggiogata, ricattata e rinchiusa in una trappola psicologica e di aver lottato, per ben cinque anni, per affrancarsene e riprendersi la propria vita. Film intrigante ed educativo

 

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