Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Nolan conferma la sua maestria tecnica ma purtroppo stavolta delude con una spy-story eccessivamente cervellotica, in cui, colto da deriva solipsistica, si dimentica di dare la possibilità allo spettatore di seguire e comprendere la sua contorta riflessione sul tempo e le sue inversioni.
Un agente della CIA partecipa sotto copertura a un'operazione antiterroristica russa durante un assedio al Teatro dell'Opera di Kiev, per rubare un oggetto non identificato. Dopo averlo recuperato, i russi si rendono conto di essere stati ingannati e lo torturano per estorcergli informazioni. L'uomo assume la pillola avvelenata in dotazione per il suicidio prescritto dalle regole d'ingaggio; tuttavia inaspettatamente si risveglia e scopre che era tutta una prova per reclutarlo per una nuova missione: Tenet.
Questo è solo l'avvio dell'intricatissima trama di questa spy-story fantascientifica, che non riporto oltre, non solo per evitare spoiler, ma anche perché ammetto di averci capito abbastanza poco, se non che si tratta dell'ennesima variazione di Christopher Nolan sul suo tema – ossessione, quello del tempo e delle sue deformazioni, in questo caso inversioni: una riflessione che attraversa come un filo conduttore la sua intera filmografia.
Ma purtroppo, l'atteso rientro in sala dopo molti mesi di cinefilia esclusivamente casalinga, causa emergenza coronavirus, si risolve in una mezza delusione.
Certo, da una parte Tenet conferma per l'ennesima volta la maestria tecnica assoluta di Christopher Nolan, che dà l'avvio alle danze con una sequenza d'azione e tensione mozzafiato nel teatro dell'opera di Kiev. Una sequenza potente e magistralmente diretta che ha ulteriormente alimentato, sulle prime, le aspettative altissime con cui mi sono avvicinato al film, e confermata d'altronde anche da altre successive scene adrenaliniche, come gli inseguimenti di macchine lanciate a tutta velocità in avanti e all'indietro, e dai virtuosismi visivi escogitati per rappresentare l'inversione temporale. Non c'è dubbio di trovarsi di fronte ad un progetto ambizioso, in cui uno dei maggiori registi del XXI secolo non ha certo risparmiato le forze creative per tradurre sullo schermo la sua grandiosa visione.
Tuttavia, man mano che si procede nel minutaggio, emerge il problema di Tenet: una trama cervellotica oltre il limite del rompicapo, che procede a rotta di collo in una corsa tanto tortuosa quanto indiavolata, senza dare il tempo allo spettatore di metabolizzare e capire quanto sta vedendo.
Ma di che ti stupisci e ti lamenti mi direte voi? Quante acclamate opere di Nolan, da Memento a The Prestige a Inception (a tutti ho dato cinque stelle) sono basate su vicende intricate ed enigmatiche che con la loro complessità sfidano e stimolano l'intelligenza dello spettatore? Tante certo, la differenza è che nelle succitate pellicole Nolan ti meravigliava con le sue trovate perché ti permetteva di seguirle e capire, man mano, dove ti stava conducendo. Qui invece il regista sembra preda di una deriva solipsistica in cui, perso dietro un'idea che certamente sarà stata perfettamente chiara nella sua mente, si dimentica del pubblico e della necessità di far comprendere anche a noi dove sta andando a parare, magari rallentando ogni tanto il ritmo per far decantare la massa di informazioni che ci riversa addosso.
E invece no, Tenet non concede un attimo solo di tregua, continuando ad ingarbugliare sempre di più la trama e a complicarne ad ogni scena il contorto intreccio. Ma, se un pubblico spaesato viene costantemente bombardato di input che non capisce, l'inevitabile esito è purtroppo la noia, e tutta la maestria registica di Nolan stavolta non basta ad appassionare ad una matassa di cui sfugge il bandolo; neppure sono sufficienti alla riuscita di un film gli sprazzi di brillantezza registica disseminati in scene che però, mancando il quadro generale, ci appaiono come momenti isolati e fini a se stessi.
In questo meccanismo autoreferenziale in cui tutto è concentrato sulla costruzione della complessità dell'intrigo non rimane molto spazio per l'emozione e neppure per lo sviluppo dei personaggi, che rimangono quasi tutti abbastanza bidimensionali, a partire dal protagonista, e, al di fuori di quanto strettamente necessario a far avanzare l'intreccio, non hanno un'esistenza da scoprire o una profondità umana da scandagliare, bensì si riducono a meri ingranaggi del meccanismo infernale escogitato dal regista.
Per fare il confronto con un'altra opera cervellotica, sebbene di gran lunga molto più riuscita, cioè Inception, il meccanismo di scatole cinesi non impediva di dare il giusto spazio al dramma personale del protagonista interpretato da Leonardo di Caprio, dato che la storia ruotava intorno alla straziante perdita di sua moglie. Invece qui il protagonista non ha una esistenza o un passato o una personalità con cui empatizzare; il motivo di questo silenzio narrativo si capirà meglio nel finale, però il risultato è comunque quello di lasciarci distaccati e financo indifferenti alle vicissitudini di un tale automa, a cui non giova l'essere interpretato dall'inespressivo John David Washington, “figlio di” che offre una misera prova attoriale.
Tra gli altri interpreti spicca solo il grande Kenneth Branagh nel ruolo luciferino del magnate russo (purtroppo ho visto il film doppiato, chi l'ha potuto vedere in originale l'ha potuto ancora meglio apprezzare), mentre altri attori, a partire da Robert Pattinson, sono penalizzati da ruoli poco sviluppati a livello di scrittura, ridotti anch'essi a meri ingranaggi.
Forse Tenet è una di quelle opere che necessitano di molteplici visioni per essere apprezzate appieno, tuttavia la mia impressione è che il regista inglese, esasperando la sua costante ricerca della complessità narrativa oltre il limite dell'intelligibilità, abbia commesso il suo primo passo falso. Sperando che si tratti di una incespicata momentanea e passeggera e non del'inizio di una preoccupante involuzione.
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