Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Difficile uscire delusi da un film di Robert Zemeckis: mi è successo solo tanto tempo fa, dopo la visione di Contact, davvero al di sotto di ogni aspettativa. Diversamente il regista spesso mi ha saputo regalare grandi momenti di cinema, a partire dal mix magico ingranato a metà anno '80 con All'Inseguimento della pietra verde, pietra miliare personale di un cinema d'avventura ai massimi livelli tra spasso e divertimento, per non parlare di ciò che fu Ritorno al futuro e seguiti, e molta della sua opera della maturità (a parte la per me deludente parentesi della trilogia in performance capture rappresentata da Polar Express, Beowulf e A Christmas Carol, per me poco digeribili, e senza invero attribuire troppa enfasi a quel Forrest Gump glorificato quasi come un dogma, che non sono mai riuscito appieno a digerire. Ma pazienza.
Ma ora aiuto! Le streghe sono tornate!!
A rendersene conto un tenero bimbetto nero, comprensibilmente triste ed inconsolabile per essere rimasto orfano a fine anni '60 in una zona rurale dell'Alabama, e per questo finito tra le braccia, per fortuna amorose e rassicuranti, della opulenta, spassosissima nonna materna (l'ottima Octavia Spenser, energica e spassosa più che mai).
Il suo primo incontro con una di queste perfide donne maligne avverrà in un negozio, mentre il ragazzo si distacca dal grembo rassicurante del suo nuovo tutore, e quando il ragazzo trova la forza di raccontare l'episodio alla nonna, costei, anziché zittirlo indignata, lo ascolta attentamente, raccontandogli vieppiù un incredibile episodio di cui ella si rese testimone da bambina, rimasto un ricordo indelebile per tutto il resto della sua esistenza.
Decideranno, nonna e nipote, che dopo quell'episodio traumatico, per il ragazzino è necessario un periodo di vacanza, che i due decidono di trascorrere in uno splendido hotel in riva al mare.
Non sapendo di stare andando incontro, ironia della sorte, al pericolo da cui cercano di fuggire, in quando proprio in quella lussuosa struttura è destinato a tenersi, rigorosamente in incognita, una congrega di streghe, intenzionate a togliere di mezzo il più gran numero di bambini, trasformandoli in topolini.
Dal romanzo “le streghe”, del noto romanziere per ragazzi Roald Dahl, noto ancor di più per La fabbrica di cioccolato e per James e la pesca gigante (ma pure papà dei Gremlins!!!) la lotta di un ragazzino e dei suoi amici, tramutati in topi ma tutt'altro che resi di fronte alla minaccia globale delle streghe, torna ad occupare un posto al cinema, dopo la riuscita, perfida e gotica trasposizione ad opera del grande autore Nicolas Roeg nel non lontanissimo 1990.
E chi meglio di Robert Zemeckis, gran regista che ha sempre saputo giostrarsi alla perfezione coi prodigi della tecnologia al servizio del cinema, senza peraltro mai lasciarvisi inghiottire anche quando costoro hanno finito per fagocitarsi gli attori veri, riproponendoli a loro immagine e somiglianza, poteva riprovare ad adattare il romanzo di un autore a cui il cinema ha sempre riservato molta attenzione, con risultati spesso straordinari? Nessuno meglio di lui.
E se la sua versione, accomodante e tutta buone maniere, ma anche attenta a scandagliare sottigliezze che aprono parentesi importanti come l'intolleranza di fondo che accoglie una nonna ed un nipote neri in un grande albergo di lusso tradizionalmente riservato a benestanti di razza bianca, il film non riesce in effetti a toglierci dalla testa la versione più peperina di Roeg, crudele e cattivo anche quando si accinge a trasporre favole per ragazzi, e forte di una Anjelica Houston in uno dei suoi ruoli da cattiva più esemplari; tuttavia è anche vero che la versione corretta ad uso e consumo di tutta la famiglia di Zemeckis, non ce lo fa sospirare.
Poi, a parte il sapersi giostrare alla perfezione tra direzione degli attori e animali ormai tutti ricostruiti artificialmente con un dettaglio sempre più sorprendente specie nella sintesi dei movimenti (si pensi anche alla figura del gatto), nel vedere Anne Hathaway trasformarsi e contorcersi per dare libero sfogo alle sue ramificate e asimettriche forme stregonesche, non possiamo che tornare con la mente ad un'altra opera straordinaria di Zemeckis, in cui il grande regista americano ha saputo letteralmente rimpastare e rimodellare due star indimenticabili e primarie dello star system hollywoodiano in pieni anni '90, ovvero l'accoppiata di dive Meryl Streep e Goldie Hawn de La morte di fa bella, film ormai cult apprezzato forse più a posteriori che alla sua uscita.
Zemeckis si conferma cineasta di grande affidabilità, primaria professionalità, anche alle prese con un progetto che, sicuramente, rientra. Senza per questo volerlo sottostimare, tra quelle che possono certamente definirsi come opere minori, nell'ambito di una carriera quasi sempre ai massimi livelli.
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