Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Anche quando un avvenimento imponderabile stravolge di punto in bianco le tue prospettive, non demordere e continua a guardare avanti. Fallo con fiducia, anche se qualcosa è andato perso per sempre. Cogli le opportunità disponibili e coltivale con gioia, godendo di quanto ancora hai a portata di mano, senza sprecare troppo tempo a rimuginare su quanto è stato e ormai è irrimediabilmente andato perduto. In pratica, non rinunciare mai a essere te stesso.
Quest’ultima definizione non solo è il significato ultimo de Le streghe, ma calza come un guanto anche a Robert Zemeckis. Un regista che, dopo tanti fragorosi successi (Ritorno al futuro, Forrest Gump) e alcune sbandate (La leggenda di Beowulf), continua a punteggiare la sua filmografia con progetti personali, caratterizzati da uno spiccato eclettismo e una passione schietta.
Alabama, anni sessanta. Rimasto precocemente orfano, un ragazzino (Jahzir Bruno) viene affidato alle amorevoli cure di sua nonna (Octavia Spencer).
Quando una strega mette a repentaglio la loro vita, l’anziana signora decide di cercare riparo nell’hotel gestito da Mr. Stringer (Stanley Tucci).
Purtroppo per loro, si tratta dello stesso luogo scelto dalla Strega Suprema (Anne Hathaway) per convocare una congrega di streghe ed esperire un piano malefico, che intende trasformare tutti i bambini del mondo in ratti.
Con l’aiuto di inaspettati compagni di sventura, dovranno ricorrere a tutte le loro energie per sventare questo malsano progetto.
Adattato dall’omonimo romanzo di Roald Dahl con il contributo di Guillermo Del Toro (La forma dell’acqua, Il labirinto del fauno) e Kenya Barris (Black-ish), Le streghe è un family movie che si distacca nettamente dalla concorrenza attuale, mediamente troppo infantile, sospinto com’è da uno spirito old style, talmente genuino da riuscire ancora a trasmettere un’incantevole stupore.
Di fatto, Robert Zemeckis possiede – da sempre - il chiavistello magico per gestire con equidistanza e fervida immaginazione diverse connotazioni. Di conseguenza, un apparato di matrice fantastica è impaginato con esperienza e gusto, recuperando il mito delle streghe per scansionarlo dalla prospettiva dei ragazzini.
La mano è leggera come una piuma, sa accelerare così come abbassare il numero dei giri, è accogliente ma anche sinistra, con un timing che, grazie anche a un montaggio fluidificante, mantiene un’andatura impeccabile, fermandosi sempre al momento giusto per non sfociare in altro (l’horror sarebbe lì a un passo).
Inoltre, la fotografia del fidato Don Burgess - già all’opera con il regista di Chicago in parecchi film, da Forrest Gump a Flight – è estremamente nitida, integrando con lungimiranza gli effetti speciali agli scenari dei set, in modo tale che siano di completamento e non offuscanti.
Infine, sfruttando trasformazioni facciali che paiono sbucare direttamente da La morte ti fa bella, primeggia un’invasata Anne Hathaway modello Crudelia De Mon, usufruendo della sponda di mestiere garantita da Octavia Spencer, mentre è un peccato che a Stanley Tucci non sia stata offerta una sola scena degna di nota.
In conclusione, Le streghe è la dimostrazione – qualora ce ne fosse ancora bisogno – di quanto la classe non sia acqua e di come i registi della vecchia scuola, a cui appartiene a pieno titolo Robert Zemeckis, possano ancora seminare in scioltezza le nuove leve, costituendo ingranaggi privi di una qualsiasi battuta d’arresto, con un perimetro sfruttato e rispettato fino alle virgole, un’esuberanza che sprizza un incondizionato amore per il cinema, rimasto intonso nonostante i tanti anni di carriera alle spalle.
Intonato e spassoso.
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