Regia di Roberto De Feo vedi scheda film
Una confezione di lusso, con interpreti professionali e una regia meticolosa per un lungo melodramma che a malapena sfiora il genere horror solo per via di una conclusione che sembra essere piuttosto improvvisata.
Riccardo, per divergenze con la moglie, decide di fuggire da Villa dei Laghi con il piccolo Samuel (Justin Korovkin) ma un incidente stradale pone fine alla sua vita, mentre rende invalido il bambino. Dieci anni dopo Samuel vive isolato nella lussuosa tenuta. I domestici devono rigorosamente attenersi a rigide regole imposte dalla madre Elena (Francesca Cavallin) mentre a Samuel viene imposto l'apprendimento musicale (con estenuanti lezioni di brani classici eseguiti al pianoforte) e un rigido regime alimentare, dietro costante supporto del medico Christian (Maurizio Lombardi). Quando a Villa dei Laghi sopraggiunge la giovane Denise, presa in custodia da Elena dopo la morte del padre Ettore, Samuel muta completamente prospettiva sulle sue (limitate) condizioni di vita.
Di The nest non si può che dirne bene, da un punto di vista squisitamente tecnico e, più in generale, di confezione. Le scenografie, i costumi e -una volta tanto in un film italiano- le interpretazioni, sono eccellenti. Ad iniziare dall'indovinata scelta di scritturare il piccolo Justin Korovkin, bambino con un viso dai lineamenti sofferti e di perenne (e innata) malinconia, accentuata da un look (pettinatura e abbigliamento) più idonea ad un contesto d'altri tempi. Come, in particolare, la sceneggiatura stessa. Scegliendo di ambientare la vicenda in una struttura appunto storica, gli autori decidono di raccontare una favola (rivelatasi essere tale solo gli ultimi due minuti del film) fuori dal tempo (come evidentemente chiaro dalla scelta di bandire oggetti tecnologici quali cellulari, computer o televisori). L'idea degli autori è forse quella di riportare sugli schermi un tipo di cinema gotico anni Sessanta (Bava, Freda e Margheriti sembrano essere i registi di riferimento), caratteristico e proprio della cinematografia italiana, rielaborandolo però in un'ottica contemporanea (alla Shyamalan di The village e al claustrofobico/possessivo/morboso rapporto, maturato e consolidato nelle quattro mura tra madre ossessiva e figlio vittima, celebrato in Babadook e i suoi infiniti derivati).
Detto questo, davvero dovuto all'evidente impegno messo nella realizzazione di The next da parte di Roberto De Feo (testi e regia), Lucio Besana, David Bellini e Margherita Ferri (co-autori dello script) e fatta giusta menzione all'ottimo lavoro di Teho Teardo (colonna sonora), resta però alta la delusione che, mentre la narrazione procede, si avverte durante la visione. Perchè, per prima cosa, appare forzata la collocazione stessa del film nel genere horror, tale solo per via dei pochi minuti finali, con la messa in atto (a tradimento) di un coup de théâtre improvvisato e piuttosto fuori tema. The nest di fatto è esclusivamente un dramma, che parte (e finisce) tra le mura di una villa (il nido del titolo) dove una madre egoista e prepotente, ben peggiore di una strega, nel tentativo di proteggere il figlio si rende causa prima e responsabile di indurlo in uno stato -quasi irreversibile- di perenne infelicità e tristezza. E per quasi 105 minuti quello stato, a causa delle ottime capacità dello staff tecnico artistico, buca lo schermo per raggiungere il pubblico. Risultato riuscito, ma in termini (ovviamente tutto ciò scritto a titolo personale) troppo desolanti e deprimenti. Merita la visione, ma difficilmente -anche a distanza di anni- verrà di nuovo voglia di dargli una seconda opportunità.
"Un’oscura tristezza è in fondo a tutte le felicità umane,
come alla foce di tutti i fiumi è l’acqua amara." (Gabriele D’Annunzio)
F.P. 06/10/2019
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